Markus Krienke/Gianluigi Pasquale
Prof. Dr. Markus Krienke è Professore ordinario di Filosofia moderna ed Etica sociale presso la Facoltà di Teologia di Lugano e Direttore della Cattedra Rosmini; è professore incaricato per Antropologia filosofica alla Pontificia Università Lateranense e insegna Dottrina sociale della Chiesa alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano.
Prof. DDr. Gianluigi Pasquale è Professore di Teologia fondamentale nella Pontificia Università Lateranense, Stato della Città del Vaticano, e nello Studio Teologico affiliato “Laurentianum” di Venezia, nella Sede di Milano (Italia). Nel 2018 ha conseguito l’Abilitazione Scientifica Nazionale a Professore Associato per la Filosofia Morale.
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L’impatto del Covid-19 sul contesto attuale merita di essere valutato con molta prudenza, mediante alcuni layout interpretativi dell’intero fenomeno. Per almeno due ragioni. Innanzitutto perché tale l’impatto è mutevole, come osserviamo dalle stesse varie “fasi” che si succedono l’una all’altra. In secondo luogo, sappiamo che si tratta di una pandemia che ha coinvolto l’intero pianeta. Non abbiamo, dunque, a che fare con un “euro-virus”, benché il Continente europeo si senta chiamato a dare una risposta comune alla pari di quello americano ed asiatico.
Manca quasi del tutto una lettura teologica della situazione: mentre ci si è incentrati solo sulla domanda “messe sì o no”, ci si è dimenticati completamente di sviluppare categorie di interpretazione teologica, e ciò è un altro segnale di quanto abbiamo ridotto la nostra categoria dell’Europa a una politico-economica, dimenticando la dimensione culturale e cristiana. In una prospettiva di “storia della salvezza”, ci sembra di poter individuare proprio in questa seconda fase della crisi (a partire dall’aprile-maggio) la “speranza”. Ogni categoria teologica di “storia della salvezza” si riferisce alla storia concreta: qui possiamo osservare innanzitutto come in una prima fase (marzo-aprile), il Covid-19 sembra aver allargato l’incomponibile solco (esistente) tra un habitus nordeuropeo di matrice culturale “germanica” e quello mediterraneo di matrice culturale “latina”, a prescindere dalle soluzioni politiche ed economiche che si stanno prendendo. Infatti con la proposta del Recovery fund lanciata da Merkel e Macron il 19 maggio, l’Unione europea non solo rende concrete le parole prima della Presidente della Commissione von der Leyen e ultimamente anche della Presidente della BCE Lagarde, ma oltrepassa d’un sol tratto gli infiniti e confusi dibattiti intorno agli Eurobond o Coronabond, che si basavano ancora sull’idea dei “prestiti” a “condizioni” (che però nel percorso del dibattito furono sempre più diminuite). E come nel Piano Schuman del 9 maggio 1950 l’Europa è riuscita a superare la vecchia politica dei “Trattati” verso un livello comune e “di comunità” tra gli Stati membri, ora il programma che von der Leyen ha presentato con il nome Next Generation Eu sulla base della proposta franco-tedesca contiene un salto di qualità simile verso la gestione comune di un fondo di risorse “a fondo perduto”, almeno per la stragrande parte (i 500 miliardi della proposta Merkel-Macron, ora integrati con altri 250miliardi di prestiti a basso tasso d’interesse). Sembra avverarsi, quindi, il metodo dei tre politici di profonda fede cristiana Schuman, De Gasperi e Adenauer per cui «l’Europa non potrà farsi in una sola volta» (Dichiarazione Schuman). Se Merkel, Macron e von der Leyen propongono un nuovo Piano Schuman, allora i principi che animarono i tre “Padri fondatori” dell’Europa e che si trovano in corrispondenza con la Dottrina sociale della Chiesa, dimostrano la loro forza storica a vantaggio di tutti i Paesi membri. L’Italia, addirittura, sarebbe il beneficiario principale con una fetta di 172, 7 miliardi di Euro (di cui 81 miliardi di aiuti e 90 miliardi di prestiti). Certamente, Next Generation Eu deve ancora passare il vaglio dei capi di Stato tra il 17 e il 18 giugno, dove si prevede un dibattito acceso con i principali Paesi contrari come Austria o Paesi Bassi. Ma con tutto il diritto che gli compete il Presidente del Parlamento a Strasburgo Sassoli ha parlato del «D-Day europeo del 21° secolo», e il tanto preteso Marshall Plan a fine marzo, ma ritenuto lontano ed impossibile, può davvero diventare realtà. L’accresciuta importanza e forza dell’Ue si vede anche dal fatto che con questo piano – insieme ad altri 1.100 miliardi già deciso per un quadro finanziario pluriennale, e le altre cifre dei programmi europei per reagire alla crisi già in atto – il suo budget si raddoppia dall’1 al 2% del PIL europeo. Un momento così storico, dove l’Europa dimostra la sua unione e forza, non può che suscitare una riflessione teologica della speranza: che allo stesso momento dia anche fondamento culturale e motivazionale a chi combatte per l’Europa di solito “solo” con i numeri.
Questa base concreta per la speranza si traduce poi, in una seconda impressione, meno immediata è più ragionata. Sporge dal seguente interrogativo: come si era comportato l’uomo dinnanzi alle precedenti epidemie e pandemie? Senza dubbio, rivolgendosi pubblicamente e religiosamente a Dio, non solo al Dio di Gesù Cristo, come abbiamo visto, per esempio, per la situazione nella Repubblica Cinese. Con il Covid-19, invece, si è invocato lo «spread» e la relativa sua influenza sul «PIL»: pare essere stato proprio questa la situazione senza precedenti, come si usa dire oggi. Ora, aver caricato l’onere della soluzione solo su un dispositivo economico può risultare altrettanto fideistico che il (non) averlo appoggiato su Dio, perché l’economia non è maggiormente accertabile della religione, forse viceversa. Verosimilmente questo sembra essere il vero significato inteso dall’esortazione «io vi esorto alla storia» che il giovane filosofo tedesco Georg von Hardenberg vergò nel suo Cristianità o Europa, appunto nel 1799. Il PIL europeo, infatti, sembra dividere ciò che la cristianità unì: ora con la nuova prospettiva che si delinea come una speranza, questa divisione potrebbe essere (parzialmente) superata. Non a caso l’atteggiamento delle chiese in Europa – e in altri Continenti cristiani – è stato emblematico: la Chiesa si è rivolta a Dio, al di là delle distinzioni confessionali, pur avendo obbedito rigorosamente ai protocolli sanitari predisposti dai diversi ministeri della salute. Per una volta la Chiesa ha obbedito alla “civis”, come si trattasse in una sola “civitas”, superando la divisione quindi anche da parte sua. Su questa equazione e sulle prospettive di nuove sintesi e dialoghi bisognerà riflettere ancora e a lungo, nel prossimo futuro, proprio per ciò che ha inteso dire il “padre” della storiografia universale, il tedesco Leopoldus von Ranke, secondo il quale «ogni epoca è equidistante dinnanzi a Dio». Una nuova Europa di Next Generation Eu, infatti, è chiamata – dopo il rifiuto della nominatio Dei nella proposta di costituzione europea rifiutata nel 2005 dalla Francia e dai Paesi Bassi – a ripensare il rapporto tra politica e società civile, da un lato, e dimensione religiosa e tradizione culturale cristiana, dall’altro, anche in rapporto del nuovo pluralismo religioso che ormai caratterizza il nostro continente.
Infine, all’orizzonte si scorge un terzo importante layout: la diversificata percezione acquisita di Dio e delle chiese che lo confessano tale durante il Covid-19. Essa non è affatto allogena né alla questione politica, né a quella economica. Non si intende qui fare riferimento né all’evenemenzialità per cui molti hanno partecipato alla vita sociale ed ecclesiale in streaming – ossia “in remoto” – né al (presunto) aumento di religiosità che nell’uomo e nella donna chicchessia si sarebbe registrato durante e nel dileguarsi della pandemia, come dichiarato da molte analisi demoscopiche. Questo terzo layoutvorrebbe, piuttosto, rispondere a quest’altra domanda: da chi l’uomo oggi si attende la salvezza, la «salus, heil, health»? Dalla scienza medica che potrà escogitare un vaccino, oppure da Dio, come avveniva prima? Come si nota la questione è, ancora una volta, di indole politica ed economica, avendo una ricaduta in entrambe queste ultime due. Infatti, anche se ora l’Unione Europea attuasse il piano Next Generation Eu rimarrebbe ancora da verificare se il “brevetto di salvezza” sia percepito come tale, oppure sia legato al controllo del rispetto delle «regole» perché, in quest’ultimo caso, il “ricovero” dagli effetti della pandemia apparirebbe un tranello che solca ulteriormente il divario tra Nord e Sud dell’Europa. Fino a prova contraria, nessun Stato dell’Unione ha scelto di soccombere, quasi, agli effetti tragici del contagio, come avvenuto in alcune zone del vecchio Continente. E di doversi rialzare. Seppur con tanta fatica, deve, dunque, corrispondere un nuovo modo di vivere la cittadinanza – che nella sua dimensione europea è ancora da costituire – che abbraccia le varie dimensioni della vita. Del resto, soltanto una tale integrazione dell’economia e della pianificazione politica in un contesto di universale solidarietà come lo coltivano le religioni, potrà dare un nuovo impulso allo sviluppo della nostra economia verso più solidarietà con gli altri e con l’ambiente. L’Europa, in questo senso, deve aver imparato dalla crisi del 2007/08, alla quale ha risposto con austerità e con la fretta di tornare con ingenti somme al più presto possibile al “vecchio stile” di vita, di economia e di sviluppo. La speranza teologica ci può aprire, invece, in questo momento, la prospettiva di realizzare un nuovo concetto di civiltà, più inclusivo e sostenibile. In questa prospettiva, l’enciclica Laudato si’ del 2015 si rivela davvero come documento profetico e realizza proprio oggi la sua attualità: e nell’aver confermato il New Green Deal che molti volevano già sacrificare alla ripresa dell’economia, la Presidente della Commissione ha aperto nuovi spiragli di dialogo positivo tra economia, società e Chiesa.
Vogliamo, infine, lasciare aperta la seguente questione: la diversificata distribuzione tra secolarizzazione rispetto al Sud e al Nord dell’Europa cristiana è, forse, inversamente proporzionale alla percezione che l’uomo e la donna europei hanno del soggetto conferente il brevetto di salvezza? Ossia: o la tecnica (anche economica) o Dio? Non aveva, dunque, ragione il germano Novalis a porsi l’interrogativo disgiuntivo: Cristianità o Europa, non intendendo affatto egli nel XVIII secolo parlare di «radici cristiane» dell’Europa? Di fronte a questa provocazione, siamo però chiamati a trovare nuove sintesi di speranza: un’Europa competitiva nel mondo ma allo stesso momento ben salda sui suoi valori e radici.
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Prof. Dr. Markus Krienke ist ordentlicher Professor für moderne Philosophie und Sozialethik an der Theologischen Fakultät in Lugano und Direktor des Rosmini-Lehrstuhls; er ist Dozent für Philosophische Anthropologie an der Päpstlichen Lateran-Universität und lehrt Soziallehre der Kirche an der Theologischen Fakultät Norditaliens in Mailand.
Prof DDr. Gianluigi Pasquale ist Professor für Fundamentaltheologie an der Päpstlichen Lateran-Universität, Vatikanstaat, und am Sitz Mailand der theologischen Hochschule Laurentianum Venedig (Italien). Im Jahr 2018 habilitierte er sich außerdem zum außerordentlichen Professor für Moralphilosophie.
Die Auswirkungen von Covid-19 auf den aktuellen Kontext müssen mit großer Vorsicht bewertet werden, und zwar anhand einiger interpretativer Layouts des gesamten Phänomens. Aus mindestens zwei Gründen. Erstens, weil die Auswirkungen so veränderlich sind, wie wir an den verschiedenen „Phasen“ beobachten, die aufeinander folgen. Zweitens weil wir wissen, dass es sich um eine Pandemie handelt, die den gesamten Planeten betroffen hat. Wir haben es also nicht mit einem „Euro-Virus“ zu tun, obwohl der europäische Kontinent dazu aufgerufen ist, eine gemeinsame Antwort auf Augenhöhe mit dem amerikanischen und asiatischen Kontinent zu geben.
Es gibt bisher kaum theologische Deutungen der Situation: Während wir uns nur auf die Frage „Gottesdienste Ja oder Nein“ konzentriert haben, haben wir völlig vergessen, Kategorien der theologischen Interpretation zu entwickeln, und dies ist ein weiteres Zeichen dafür, wie sehr wir unsere Idee von Europa auf eine politisch-wirtschaftliche reduziert und die kulturelle und christliche Dimension vergessen haben. Aus der Perspektive der „Heilsgeschichte“ scheinen wir gerade in dieser zweiten Phase der Krise (von April bis Mai) „Hoffnung“ identifizieren zu können. Jede theologische Kategorie der „Heilsgeschichte“ bezieht sich auf die konkrete Geschichte: Hier lässt sich zunächst beobachten, wie Covid-19 in einer ersten Phase (März-April) die (bestehende) Kluft zwischen einem nordeuropäischen Habitus der „germanischen“ Kulturmatrix und dem mediterranen Habitus der „lateinischen“ Kulturmatrix zu vertiefen scheint, unabhängig von den politischen und wirtschaftlichen Lösungsansätzen, die verfolgt werden. Mit dem von Merkel und Macron am 19. Mai lancierten Vorschlag für den Recovery-Fonds konkretisiert die Europäische Union nicht nicht nur die vorausgehenden Worte zunächst von Kommissionspräsidentin von der Leyen und dann auch vor dem EZB-Präsidentin Lagarde, sondern geht in einem Zug über die endlosen und konfusen Debatten um die Eurobonds oder Coronabonds hinaus, die noch auf der Idee von „Darlehen“ zu „Bedingungen“ beruhten (die jedoch im Laufe der Debatte immer mehr reduziert wurden). Und genau wie im Schuman-Plan vom 9. Mai 1950 ist es Europa gelungen, die alte Politik der „Verträge“ in Richtung auf eine gemeinsame und „gemeinschaftliche“ Ebene der Mitgliedstaaten zu überwinden. So enthält nun das Programm, das von der Leyen unter dem Namen Next Generation EU auf der Grundlage des deutsch-französischen Vorschlags unterbreitete, einen ähnlichen qualitativen Sprung hin zur gemeinsamen Verwaltung eines „nicht rückzahlbaren“ Ressourcenfonds, zumindest für den überwiegenden Teil (die 500 Milliarden des Merkel-Macron-Vorschlags, nun ergänzt durch weitere 250 Milliarden zinsgünstiger Darlehen). Es scheint sich also die Methode der drei Politiker tiefen christlichen Glaubens Schuman, De Gasperi und Adenauer zu bewahrheiten, für die „Europa nicht auf einen Schlag“ hergestellt werden kann (Schuman-Erklärung). Wenn Merkel, Macron und von der Leyen einen neuen Schuman-Plan vorschlagen, dann zeigen die Prinzipien, die die drei „Gründungsväter“ Europas beseelt haben und die mit der Soziallehre der Kirche übereinstimmen, ihre historische Stärke zum Nutzen aller Mitgliedsländer. Italien wäre sogar der Hauptbegünstigte mit einem Anteil von 172,7 Milliarden Euro (davon 81 Milliarden an Beihilfen und 90 Milliarden an Darlehen). Sicherlich muss Next Generation EU noch die Prüfung der Staatschefs zwischen dem 17. und 18. Juni bestehen, wo eine hitzige Debatte mit den Hauptgegnerländern wie Österreich oder den Niederlanden erwartet wird. Doch bei allem Respekt sprach der Präsident des Europäischen Parlaments in Straßburg, Sassoli, über den „Europäischen D-Tag des 21. Jahrhunderts“, und der viel seit Ende März so vehement geforderte Marshall-Plan, der als fern und unmöglich galt, kann wirklich Wirklichkeit werden. Die gestiegene Bedeutung und Stärke der EU wird auch daran deutlich, dass sich mit diesem Plan – zusammen mit weiteren 1.100 Milliarden, die bereits für einen mehrjährigen Finanzrahmen beschlossen wurden, und den anderen Summen der europäischen Programme als bereits eingeleitete Reaktion auf die Krise – ihr Haushalt von 1 auf 2% des europäischen BIP verdoppelt. Ein solch historischer Moment, in dem Europa seine Einheit und Stärke zeigt, kann nur eine theologische Reflexion der Hoffnung hervorrufen: auf dass er nun gleichzeitig auch eine kulturelle und motivierende Grundlage für diejenigen gibt, die für Europa normalerweise „nur“ mit Zahlen kämpfen.
Diese konkrete Grundlage für Hoffnung wird dann in einen zweiten Eindruck übersetzt, der weniger unmittelbar, dafür aber fundierter ist. Er geht aus der folgenden Frage hervor: Wie hatte sich der Mensch angesichts früherer Epidemien und Pandemien verhalten? Zweifellos, indem er sich öffentlich und religiös an Gott gewandt hat, nicht nur an den Gott Jesu Christi, wie wir es z.B. in der Situation in China gesehen haben. Mit Covid-19 wurde stattdessen der „Spread“ (Anm. des Übers.: Das in Italien sehr beachtete Verhältnis der Renditen von deutschen und italieinischen Staatsanleihen) und sein Einfluss auf das „BIP“ beschworen: Darin scheint die „bisher noch nie dagewesene Situation“ zu bestehen, von der gerne die Rede ist. Nun zur Lösung nur auf ein wirtschaftliches Mittel zu setzen, kann so fideistisch sein, wie sich (nicht) auf Gott zu stützen, denn die Wirtschaft ist nicht verifizierbarer als die Religion, vielleicht sogar umgekehrt. Dies scheint die wahre Bedeutung der Mahnung „Ich ermahne euch zur Geschichte“ zu sein, die der junge deutsche Philosoph Georg von Hardenberg 1799 in seinem „Die Christenheit oder Europa“ formulierte. Das europäische BIP scheint in der Tat zu spalten, was das Christentum vereinte: Mit der neuen Perspektive, die sich als Hoffnung herausstellt, könnte diese Spaltung (teilweise) überwunden werden. Es ist kein Zufall, dass die Haltung der Kirchen in Europa – und auf anderen christlichen Kontinenten – emblematisch war: Die Kirche hat sich über konfessionelle Unterschiede hinweg Gott zugewandt, obwohl sie sich streng an die von den verschiedenen Gesundheitsministerien ausgearbeiteten Gesundheitsprotokolle gehalten hat. Ausnahmsweise gehorchte die Kirche einmal den „civis“, als ob sie eine einzige „civitas“ wäre, und überwand damit auch ihrerseits die Spaltung. Über diese Gleichung und über die Aussichten für neue Synthesen und Dialoge wird es notwendig sein, in naher Zukunft weiter und vertieft nachzudenken, gerade wegen dem, was der „Vater“ der universellen Geschichtsschreibung, der deutsche Leopold von Ranke,meinte, wenn err sagte, dass „jede Epoche unmittelbar zu Gott“ sei. Tatsächlich ist ein neues Europa der Next Generation EU – nach der Ablehnung eines Gottesbezugs im Vorschlag für eine europäische Verfassung, der 2005 von Frankreich und den Niederlanden abgelehnt wurde – aufgerufen, das Verhältnis zwischen Politik und Zivilgesellschaft einerseits und der religiösen Dimension und der christlichen kulturellen Tradition andererseits neu zu überdenken, auch in Bezug auf den neuen religiösen Pluralismus, der unseren Kontinent heute prägt.
Schließlich sehen wir am Horizont eine wichtiges drittes layout: die diversifizierte Wahrnehmung Gottes und der Kirchen, die sich zu ihm bekennen, während der Covid-19-Krise. Sie ist keineswegs allogen, weder in der politischen noch in der wirtschaftlichen Frage. Es soll hier weder auf die Möglichkeit Bezug genommen werden, dass viele Menschen am gesellschaftlichen und kirchlichen Leben per streaming– also „von fern“ – teilgenommen haben, noch auf die (vermutete) Zunahme der Religiosität während der Hochphase und im Abklingen der Pandemie, die in vielen demoskopischen Analysen festgestellt wird. Dieses dritte layout würde eher diese andere Frage beantworten: von wem erwartet der Mensch heute das Heil, die Rettung, „salus, salvezza, health“? Von der medizinischen Wissenschaft, die einen Impfstoff entwickeln kann, oder von Gott, wie es früher der Fall war? Wie zu sehen ist, handelt es sich wieder einmal um eine Frage politischer und wirtschaftlicher Natur, denn in den beiden letztgenannten Fällen ist ein Rückfall zu verzeichnen. Selbst wenn die Europäische Union jetzt den Plan Next Generation EU umsetzen würde, bliebe immer noch zu prüfen, ob das „Heilspatent“ auch als solches wahrgenommen wird oder mit der Kontrolle der Einhaltung der „Regeln“ verbunden ist, denn im letzteren Fall würde die “Behandlung” der Auswirkungen der Pandemie als eine Falle erscheinen, die die Kluft zwischen Nord- und Südeuropa weiter vertieft. Bis zum Beweis des Gegenteils hat sich kein Staat der Union dafür entschieden, den tragischen Auswirkungen in einigen Gebieten des alten Kontinentes zu erliegen. Es muss wieder aufgestanden werden. Auch wenn es mit großen Schwierigkeiten verbunden ist, so muss es doch eine neue Art und Weise geben, die Zugehörigkeit zu leben – die in ihrer europäischen Dimension erst noch etabliert werden muss -, und die verschiedenen Dimensionen des Lebens umfasst. Darüber hinaus kann nur eine Integration von Wirtschaft und politischer Planung in einem Kontext universeller Solidarität, wie sie von den Religionen gepflegt wird, der Entwicklung unserer Wirtschaft hin zu mehr Solidarität mit anderen und mit der Umwelt einen neuen Impuls verleihen. In diesem Sinne muss Europa aus der Krise von 2007/08 gelernt haben, auf die es mit Sparsamkeit und mit Eile reagierte, um so schnell wie möglich mit großen Geldsummen zum „alten Stil“ des Lebens, der Wirtschaft und der Entwicklung zurückzukehren. Theologische Hoffnung kann uns hingegen zum jetzigen Zeitpunkt die Aussicht eröffnen, ein neues Zivilisationskonzept zu verwirklichen, das umfassender und nachhaltiger ist. In dieser Perspektive offenbart sich die Enzyklika Laudato Sí des Jahres 2015 wahrhaft als prophetisches Dokument und zeigt ihre gegenwärtige Relevanz: Mit der Bestätigung des New Green Deal, den viele bereits für die wirtschaftliche Erholung opfern wollten, hat die Kommissionspräsidentin neue Horizonte eines positiven Dialogs zwischen Wirtschaft, Gesellschaft und Kirche eröffnet.
Abschließend müssen wir folgende Frage offen stehenlassen: Ist die ungleiche Verbreitung der Säkularisierung zwischen dem Süden und Norden des christlichen Europas vielleicht umgekehrt proportional zu der Wahrnehmung, die europäische Männer und Frauen vom Thema des Heilspatents haben? Das heißt: entweder Technik (und damit auch Wirtschaft) – oder Gott? Hatte der Deutsche Novalis also vielleicht Recht, sich die unzusammenhängende Frage zu stellen: Christentum oder Europa, wobei er im 18. Jahrhundert sicherlich nicht die „christlichen Wurzeln“ Europas im Sinn hatte? Angesichts dieser Provokation sind wir jedoch aufgerufen, eine neue Synthese der Hoffnung zu finden: ein Europa, das in der Welt wettbewerbsfähig ist, aber gleichzeitig fest an seinen Werten und Wurzeln festhält.
Übersetzung Albert Drews mit Hilfe von www.DeepL.com/Translator
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Europe and the Coronavirus – some theological reflections of hope for the EU
Markus Krienke is Full Professor of Modern Philosophy and Social Ethics at the Faculty of Theology in Lugano and Director of the Rosmini Chair; he is Professor for Philosophical Anthropology at the Pontifical Lateran University and teaches Social Doctrine of the Church at the Theological Faculty of Northern Italy in Milan.
Gianluigi Pasquale is Professor of Fundamental Theology at the Pontifical Lateran University, Vatican City State, and at the affiliated Theological Studio „Laurentianum“ in Venice, at the Campus of Milan (Italy). In 2018 he obtained the National Scientific Habilitation as Associate Professor for Moral Philosophy.
The impact of Covid-19 on the current context deserves to be assessed with great caution, through some interpretative layouts of the whole phenomenon. For at least two reasons. First, because such an impact is changeable, as we observe from the same various „phases“ that follow one another. Secondly, we know that this is a pandemic that has affected the entire planet. So we are not dealing with a „Euro-virus“, although the European continent feels called upon to give a common response on a par with the American and Asian continents.
There is almost no theological reading of the situation: while we have focused only on the question „yes or no masses“, we have completely forgotten to develop categories of theological interpretation, and this is another sign of how much we have reduced our category of Europe to a political-economic one, forgetting the cultural and Christian dimension. From the perspective of „salvation history“, we seem to be able to identify „hope“ precisely in this second phase of the crisis (from April-May). Every theological category of „history of salvation“ refers to concrete history: here we can initially observe, how in a first phase (March-April), Covid-19 seems to have widened the (existing) gap between a northern European habitus of „Germanic“ cultural matrix and the Mediterranean one of „Latin“ cultural matrix, regardless of the political and economic solutions that are being taken. In fact, with the Recovery fund proposal launched by Merkel and Macron on 19 May, the European Union not only puts into concrete terms what was said before by the President of the Commission von der Leyen and lately also by the President of the ECB Lagarde, but suddenly goes beyond the endless and confused debates around the Eurobonds or Coronabonds, which were still based on the idea of „loans“ on „conditions“ (which, however, in the course of the debate were increasingly reduced). And just as in the Schuman Plan of 9 May 1950 Europe managed to move beyond the old „Treaty“ policy towards a common and „community“ level between the Member States. Thus, the programme presented by von der Leyen under the name “Next Generation Eu“ on the basis of the Franco-German proposal now contains a similar qualitative leap towards the joint management of a „non-repayable“ resource fund, at least for the vast majority (the 500 billion of the Merkel-Macron proposal, now supplemented by another 250 billion of low-interest loans). So the method of the three politicians of deep Christian faith Schuman, De Gasperi and Adenauer for whom „Europe cannot be made at once“ (Schuman Declaration) seems to be proving true. If Merkel, Macron and von der Leyen propose a new Schuman Plan, then the principles that animated the three „Founding Fathers“ of Europe and which are in correspondence with the Social Doctrine of the Church, demonstrate their historical strength for the benefit of all the member countries. Italy would even be the main beneficiary with a slice of 172,7 billion Euros (of which 81 billion in aid and 90 billion in loans). Certainly, “Next Generation Eu” has yet to pass the scrutiny of the Heads of State between 17 and 18 June, where a heated debate is expected with the main opposition countries such as Austria or the Netherlands. But with all due respect, the President of Parliament in Strasbourg, Sassoli, spoke about the „European D-Day of the 21st century“, and the much-proclaimed Marshall Plan at the end of March, considered distant and impossible, can truly become reality. The increased importance and strength of the EU can also be seen by the fact that with this plan – together with another 1,100 billion already decided for a multiannual financial framework, and the other figures of the European programmes to react to the crisis already underway – its budget doubles from 1 to 2% of European GDP. Such an historic moment, where Europe shows its unity and strength, can only provoke a theological reflection of hope: that at the same time it also gives a cultural and motivational foundation to those who fight for Europe usually „only“ with numbers.
This concrete basis for hope is then translated into a second impression, which is less immediate but more profound. It results from the following question: how had man behaved in the face of previous epidemics and pandemics? Undoubtedly, turning publicly and religiously to God, not only to the God of Jesus Christ, as we have seen, for example, in the situation in the Republic of China. With the Covid-19, instead, the „spread“ and its influence on the „GDP“ was invoked: this seems to have been the unprecedented situation, as they say today. Now, having placed the burden of the solution only on an economic device can be just as fideistic as (not) having placed it on God, because the economy is not more ascertainable than religion, perhaps vice versa. This seems to be the true meaning of the exhortation „I exhort you to history“ that the young German philosopher Georg von Hardenberg wrote in his “Christianity or Europe” in 1799. In fact, the European GDP seems to divide what Christianity united: now with the new perspective that emerges as a hope, this division could be (partially) overcome. It is no coincidence that the attitude of the churches in Europe – and on other Christian continents – has been emblematic: the Church has turned to God, beyond confessional distinctions, even though it has strictly obeyed the health protocols drawn up by the various health ministries. For once the Church obeyed the „civis“, as if it were a single „civitas“, thus overcoming the division also on its part. On this equation and on the prospects for new syntheses and dialogues it will be necessary to reflect further and for a long time to come, in the near future, precisely because of what the „father“ of universal historiography, the German Leopoldus von Ranke, intended to say, according to whom „every epoch is equidistant before God“. A new Europe of the “Next Generation Eu”, in fact, is called – after the nomination of God in the proposal for a European constitution rejected in 2005 by France and the Netherlands – to rethink the relationship between politics and civil society, on the one hand, and the religious dimension and Christian cultural tradition, on the other, also in relation to the new religious pluralism that now characterizes our continent.
Finally, on the horizon we see an important third layout: the diversified perception acquired of God and the churches that confess Him during Covid-19. It is not at all allogeneic to either the political or the economic question. It is not intended here to refer either to the eventuality whereby many people participated in social and ecclesial life in streaming – i.e. „remotely“ – or to the (presumed) increase in religiosity that in men and women anyone would have experienced during and in the disappearance of the pandemic, as stated by many demoscopic analyses. This third layout would rather answer this other question: from whom does man today expect salvation, the „salus, heil, health“? From medical science that can devise a vaccine, or from God, as it was before? As you can see, the question is, once again, of political and economic nature, having a relapse in both these last two. Even if the European Union now implemented the “Next Generation Eu” plan, it would still be left to verify whether the „patent of salvation“ is perceived as such, or is linked to the control of compliance with „rules“ because, in the latter case, the „hospitalization“ from the effects of the pandemic would appear a trap that further furrows the gap between North and South Europe. Until proven otherwise, no State of the Union has chosen to succumb to the tragic effects of the contagion, as happened in some areas of the old continent. It has to get back up again. Although with great effort, it must therefore correspond to a new way of living citizenship – which in its European dimension has yet to be established – which embraces the various dimensions of life. Moreover, only such integration of the economy and political planning in a context of universal solidarity, as religions cultivate it, can give a new impetus to the development of our economy towards more solidarity with others and with the environment. Europe, in this sense, must have learned from the crisis of 2007/08, to which it responded with austerity and with the haste to return with large sums of money as soon as possible to the „old style“ of life, economy and development. At this time, theological hope can open us the prospect of realizing a new concept of civilization, more inclusive and sustainable. In this perspective, the Encyclical Laudato Sí of 2015 truly reveals itself as a prophetic document and realizes its relevance today: in confirming the New Green Deal that many already wanted to sacrifice to the recovery of the economy, the President of the Commission has opened new glimmers of positive dialogue between the economy, society and the Church.
Finally, we would like to leave the following question open: is the diversified distribution between secularisation and the South and North of Christian Europe inversely proportional to the perception that European men and women have of the subject giving them the patent of salvation? That is to say: either technology (also economic) or God? Wasn’t the German Novalis right, then, to ask himself the disjunctive question: Christianity or Europe, since in the 18th century he did not intend at all to speak of Europe’s „Christian roots“? In the face of this provocation, however, we are called upon to find new syntheses of hope: a Europe that is competitive in the world but at the same time firm on its values and roots
Übersetzung Clara Dehlinger mit Hilfe von www.DeepL.com/Translator
Dies ist ein Beitrag im Rahmen des Blog-Projekts „Gemeinsam oder Einsam aus der Krise? Die Europäische Union am Scheideweg angesichts der Herausforderungen durch den Corona-Virus“. Erfahren Sie hier mehr über das Projekt!