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Die USA als Weltmacht

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Neues Video-Format der Kinderakademie

Die Corona-Krise trifft die Kinderakademie in Loccum besonders hart. Anders als viele Veranstaltungen für Erwachsene, können Tagungsangebote für Kinder aufgrund der Bedeutung von direkter Begegnung und unmittelbarem Austausch nicht einfach in Video-Konferenzen verwandelt werden. Petra Steinberg-Peter, die zuständige Studienleiterin der Kinderakademie, lässt aber nicht locker. Jetzt veröffentlicht sie den ersten Teil eines Video-Angebotes, um Kindern und ihren Angehörigen auch in Zeiten des Lockdowns kreativen Ersatz anbieten zu können.

Ihre Idee: Sie verwandelt ihr Büro in ein „Wartezimmer“ der Kinderakademie und lädt Clowns, Künstlerinnen, Schriftstellerinnen und Filmemacher per Video zu sich ein. So können sie ihre Arbeiten präsentieren und aus ihrem Leben in  Lockdown-Zeiten erzählen. Kinder brauchen aber nicht nur passiv zuzusehen. Für sie gibt es in den Videos auch jeweils ein Gewinnspiel, an dem sie sich kreativ beteiligen können.

In der ersten Folge berichtet Pantelis Zikas, der Clown und Tänzer aus Hannover, wie und woran er gerade arbeitet.

Weitere Informationen hierzu gibt es auch auf der Seite der Jungen Akademie.

Video zum Streitgespräch über Sterbehilfe

Am 16. September 2021 veranstaltete die Akademie in Hannover ein Streitgespräch zwischen Landesbischof Meister und Verena Begemann, Professorin für Ethik- und Sozialarbeitswissenschaften zum Thema Sterbehilfe. Jetzt kann hier ein Videomitschnitt der gesamten Veranstaltung angesehen werden. Weitere Informationen zur Veranstaltung finden Sie auch hier:

https://www.loccum.de/tagungen/21203/

Scharmützel um die Gnade: Ein Video-Silvestergruß aus der Akademie

Akademiedirektor Dr. Stephan Schaede und Studienleiterin Annette Behnken bedauern die diesjährige Absage der traditionellen Silvestertagung in Loccum, die unter dem Titel „Anders mal anders“ als inklusive Tagung stattfinden sollte. Gleichzeitig kommen sie damit ins Gespräch über die Bedeutung von Gnade im Corona-Jahr 2020. Ein besonderer Silvestergruß aus der Akademie. Übrigens: Alle Sicherheitsbestimmungen wurden – auch im Blick auf eine Unterschreitung des Mindestabstandes – eingehalten.

Europa e Coronavirus; Europa und der Coronavirus

Markus Krienke/Gianluigi Pasquale

 

Prof. Dr. Markus Krienke è Professore ordinario di Filosofia moderna ed Etica sociale presso la Facoltà di Teologia di Lugano e Direttore della Cattedra Rosmini; è professore incaricato per Antropologia filosofica alla Pontificia Università Lateranense e insegna Dottrina sociale della Chiesa alla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano.

Prof. DDr. Gianluigi Pasquale è Professore di Teologia fondamentale nella Pontificia Università Lateranense, Stato della Città del Vaticano, e nello Studio Teologico affiliato “Laurentianum” di Venezia, nella Sede di Milano (Italia). Nel 2018 ha conseguito l’Abilitazione Scientifica Nazionale a Professore Associato per la Filosofia Morale.

 

Für die deutsche Übersetzung bitte nach unten scrollen

For english version please scroll down

 

L’impatto del Covid-19 sul contesto attuale merita di essere valutato con molta prudenza, mediante alcuni layout interpretativi dell’intero fenomeno. Per almeno due ragioni. Innanzitutto perché tale l’impatto è mutevole, come osserviamo dalle stesse varie “fasi” che si succedono l’una all’altra. In secondo luogo, sappiamo che si tratta di una pandemia che ha coinvolto l’intero pianeta. Non abbiamo, dunque, a che fare con un “euro-virus”, benché il Continente europeo si senta chiamato a dare una risposta comune alla pari di quello americano ed asiatico.

Manca quasi del tutto una lettura teologica della situazione: mentre ci si è incentrati solo sulla domanda “messe sì o no”, ci si è dimenticati completamente di sviluppare categorie di interpretazione teologica, e ciò è un altro segnale di quanto abbiamo ridotto la nostra categoria dell’Europa a una politico-economica, dimenticando la dimensione culturale e cristiana. In una prospettiva di “storia della salvezza”, ci sembra di poter individuare proprio in questa seconda fase della crisi (a partire dall’aprile-maggio) la “speranza”. Ogni categoria teologica di “storia della salvezza” si riferisce alla storia concreta: qui possiamo osservare innanzitutto come in una prima fase (marzo-aprile), il Covid-19 sembra aver allargato l’incomponibile solco (esistente) tra un habitus nordeuropeo di matrice culturale “germanica” e quello mediterraneo di matrice culturale “latina”, a prescindere dalle soluzioni politiche ed economiche che si stanno prendendo. Infatti con la proposta del Recovery fund lanciata da Merkel e Macron il 19 maggio, l’Unione europea non solo rende concrete le parole prima della Presidente della Commissione von der Leyen e ultimamente anche della Presidente della BCE Lagarde, ma oltrepassa d’un sol tratto gli infiniti e confusi dibattiti intorno agli Eurobond o Coronabond, che si basavano ancora sull’idea dei “prestiti” a “condizioni” (che però nel percorso del dibattito furono sempre più diminuite). E come nel Piano Schuman del 9 maggio 1950 l’Europa è riuscita a superare la vecchia politica dei “Trattati” verso un livello comune e “di comunità” tra gli Stati membri, ora il programma che von der Leyen ha presentato con il nome Next Generation Eu sulla base della proposta franco-tedesca contiene un salto di qualità simile verso la gestione comune di un fondo di risorse “a fondo perduto”, almeno per la stragrande parte (i 500 miliardi della proposta Merkel-Macron, ora integrati con altri 250miliardi di prestiti a basso tasso d’interesse). Sembra avverarsi, quindi, il metodo dei tre politici di profonda fede cristiana Schuman, De Gasperi e Adenauer per cui «l’Europa non potrà farsi in una sola volta» (Dichiarazione Schuman). Se Merkel, Macron e von der Leyen propongono un nuovo Piano Schuman, allora i principi che animarono i tre “Padri fondatori” dell’Europa e che si trovano in corrispondenza con la Dottrina sociale della Chiesa, dimostrano la loro forza storica a vantaggio di tutti i Paesi membri. L’Italia, addirittura, sarebbe il beneficiario principale con una fetta di 172, 7 miliardi di Euro (di cui 81 miliardi di aiuti e 90 miliardi di prestiti). Certamente, Next Generation Eu deve ancora passare il vaglio dei capi di Stato tra il 17 e il 18 giugno, dove si prevede un dibattito acceso con i principali Paesi contrari come Austria o Paesi Bassi. Ma con tutto il diritto che gli compete il Presidente del Parlamento a Strasburgo Sassoli ha parlato del «D-Day europeo del 21° secolo», e il tanto preteso Marshall Plan a fine marzo, ma ritenuto lontano ed impossibile, può davvero diventare realtà. L’accresciuta importanza e forza dell’Ue si vede anche dal fatto che con questo piano – insieme ad altri 1.100 miliardi già deciso per un quadro finanziario pluriennale, e le altre cifre dei programmi europei per reagire alla crisi già in atto – il suo budget si raddoppia dall’1 al 2% del PIL europeo. Un momento così storico, dove l’Europa dimostra la sua unione e forza, non può che suscitare una riflessione teologica della speranza: che allo stesso momento dia anche fondamento culturale e motivazionale a chi combatte per l’Europa di solito “solo” con i numeri.

Questa base concreta per la speranza si traduce poi, in una seconda impressione, meno immediata è più ragionata. Sporge dal seguente interrogativo: come si era comportato l’uomo dinnanzi alle precedenti epidemie e pandemie? Senza dubbio, rivolgendosi pubblicamente e religiosamente a Dio, non solo al Dio di Gesù Cristo, come abbiamo visto, per esempio, per la situazione nella Repubblica Cinese. Con il Covid-19, invece, si è invocato lo «spread» e la relativa sua influenza sul «PIL»: pare essere stato proprio questa la situazione senza precedenti, come si usa dire oggi. Ora, aver caricato l’onere della soluzione solo su un dispositivo economico può risultare altrettanto fideistico che il (non) averlo appoggiato su Dio, perché l’economia non è maggiormente accertabile della religione, forse viceversa. Verosimilmente questo sembra essere il vero significato inteso dall’esortazione «io vi esorto alla storia» che il giovane filosofo tedesco Georg von Hardenberg vergò nel suo Cristianità o Europa, appunto nel 1799. Il PIL europeo, infatti, sembra dividere ciò che la cristianità unì: ora con la nuova prospettiva che si delinea come una speranza, questa divisione potrebbe essere (parzialmente) superata. Non a caso l’atteggiamento delle chiese in Europa – e in altri Continenti cristiani – è stato emblematico: la Chiesa si è rivolta a Dio, al di là delle distinzioni confessionali, pur avendo obbedito rigorosamente ai protocolli sanitari predisposti dai diversi ministeri della salute. Per una volta la Chiesa ha obbedito alla “civis”, come si trattasse in una sola “civitas”, superando la divisione quindi anche da parte sua. Su questa equazione e sulle prospettive di nuove sintesi e dialoghi bisognerà riflettere ancora e a lungo, nel prossimo futuro, proprio per ciò che ha inteso dire il “padre” della storiografia universale, il tedesco Leopoldus von Ranke, secondo il quale «ogni epoca è equidistante dinnanzi a Dio». Una nuova Europa di Next Generation Eu, infatti, è chiamata – dopo il rifiuto della nominatio Dei nella proposta di costituzione europea rifiutata nel 2005 dalla Francia e dai Paesi Bassi – a ripensare il rapporto tra politica e società civile, da un lato, e dimensione religiosa e tradizione culturale cristiana, dall’altro, anche in rapporto del nuovo pluralismo religioso che ormai caratterizza il nostro continente.

Infine, all’orizzonte si scorge un terzo importante layout: la diversificata percezione acquisita di Dio e delle chiese che lo confessano tale durante il Covid-19. Essa non è affatto allogena né alla questione politica, né a quella economica. Non si intende qui fare riferimento né all’evenemenzialità per cui molti hanno partecipato alla vita sociale ed ecclesiale in streaming – ossia “in remoto” – né al (presunto) aumento di religiosità che nell’uomo e nella donna chicchessia si sarebbe registrato durante e nel dileguarsi della pandemia, come dichiarato da molte analisi demoscopiche. Questo terzo layoutvorrebbe, piuttosto, rispondere a quest’altra domanda: da chi l’uomo oggi si attende la salvezza, la «salus, heil, health»? Dalla scienza medica che potrà escogitare un vaccino, oppure da Dio, come avveniva prima? Come si nota la questione è, ancora una volta, di indole politica ed economica, avendo una ricaduta in entrambe queste ultime due. Infatti, anche se ora l’Unione Europea attuasse il piano Next Generation Eu rimarrebbe ancora da verificare se il “brevetto di salvezza” sia percepito come tale, oppure sia legato al controllo del rispetto delle «regole» perché, in quest’ultimo caso, il “ricovero” dagli effetti della pandemia apparirebbe un tranello che solca ulteriormente il divario tra Nord e Sud dell’Europa. Fino a prova contraria, nessun Stato dell’Unione ha scelto di soccombere, quasi, agli effetti tragici del contagio, come avvenuto in alcune zone del vecchio Continente. E di doversi rialzare. Seppur con tanta fatica, deve, dunque, corrispondere un nuovo modo di vivere la cittadinanza – che nella sua dimensione europea è ancora da costituire – che abbraccia le varie dimensioni della vita. Del resto, soltanto una tale integrazione dell’economia e della pianificazione politica in un contesto di universale solidarietà come lo coltivano le religioni, potrà dare un nuovo impulso allo sviluppo della nostra economia verso più solidarietà con gli altri e con l’ambiente. L’Europa, in questo senso, deve aver imparato dalla crisi del 2007/08, alla quale ha risposto con austerità e con la fretta di tornare con ingenti somme al più presto possibile al “vecchio stile” di vita, di economia e di sviluppo. La speranza teologica ci può aprire, invece, in questo momento, la prospettiva di realizzare un nuovo concetto di civiltà, più inclusivo e sostenibile. In questa prospettiva, l’enciclica Laudato si’ del 2015 si rivela davvero come documento profetico e realizza proprio oggi la sua attualità: e nell’aver confermato il New Green Deal che molti volevano già sacrificare alla ripresa dell’economia, la Presidente della Commissione ha aperto nuovi spiragli di dialogo positivo tra economia, società e Chiesa.

Vogliamo, infine, lasciare aperta la seguente questione: la diversificata distribuzione tra secolarizzazione rispetto al Sud e al Nord dell’Europa cristiana è, forse, inversamente proporzionale alla percezione che l’uomo e la donna europei hanno del soggetto conferente il brevetto di salvezza? Ossia: o la tecnica (anche economica) o Dio? Non aveva, dunque, ragione il germano Novalis a porsi l’interrogativo disgiuntivo: Cristianità o Europa, non intendendo affatto egli nel XVIII secolo parlare di «radici cristiane» dell’Europa? Di fronte a questa provocazione, siamo però chiamati a trovare nuove sintesi di speranza: un’Europa competitiva nel mondo ma allo stesso momento ben salda sui suoi valori e radici.

Prof. Dr. Markus Krienke ist ordentlicher Professor für moderne Philosophie und Sozialethik an der Theologischen Fakultät in Lugano und Direktor des Rosmini-Lehrstuhls; er ist Dozent für Philosophische Anthropologie an der Päpstlichen Lateran-Universität und lehrt Soziallehre der Kirche an der Theologischen Fakultät Norditaliens in Mailand.

Prof DDr. Gianluigi Pasquale ist Professor für Fundamentaltheologie an der Päpstlichen Lateran-Universität, Vatikanstaat, und am Sitz Mailand der theologischen Hochschule Laurentianum Venedig (Italien). Im Jahr 2018 habilitierte er sich außerdem zum außerordentlichen Professor für Moralphilosophie.

 

Die Auswirkungen von Covid-19 auf den aktuellen Kontext müssen mit großer Vorsicht bewertet werden, und zwar anhand einiger interpretativer Layouts des gesamten Phänomens. Aus mindestens zwei Gründen. Erstens, weil die Auswirkungen so veränderlich sind, wie wir an den verschiedenen „Phasen“ beobachten, die aufeinander folgen. Zweitens weil wir wissen, dass es sich um eine Pandemie handelt, die den gesamten Planeten betroffen hat. Wir haben es also nicht mit einem „Euro-Virus“ zu tun, obwohl der europäische Kontinent dazu aufgerufen ist, eine gemeinsame Antwort auf Augenhöhe mit dem amerikanischen und asiatischen Kontinent zu geben.

Es gibt bisher kaum theologische Deutungen der Situation: Während wir uns nur auf die Frage „Gottesdienste Ja oder Nein“ konzentriert haben, haben wir völlig vergessen, Kategorien der theologischen Interpretation zu entwickeln, und dies ist ein weiteres Zeichen dafür, wie sehr wir unsere Idee von  Europa auf eine politisch-wirtschaftliche reduziert und die kulturelle und christliche Dimension vergessen haben. Aus der Perspektive der „Heilsgeschichte“ scheinen wir gerade in dieser zweiten Phase der Krise (von April bis Mai) „Hoffnung“ identifizieren zu können. Jede theologische Kategorie der „Heilsgeschichte“ bezieht sich auf die konkrete Geschichte: Hier lässt sich zunächst beobachten, wie Covid-19 in einer ersten Phase (März-April) die (bestehende) Kluft zwischen einem nordeuropäischen Habitus der „germanischen“ Kulturmatrix und dem mediterranen Habitus der „lateinischen“ Kulturmatrix zu vertiefen scheint, unabhängig von den politischen und wirtschaftlichen Lösungsansätzen, die verfolgt werden. Mit dem von Merkel und Macron am 19. Mai lancierten Vorschlag für den Recovery-Fonds konkretisiert die Europäische Union nicht nicht nur die vorausgehenden Worte zunächst von Kommissionspräsidentin von der Leyen und dann auch vor dem EZB-Präsidentin Lagarde, sondern geht in einem Zug  über die endlosen und konfusen Debatten um die Eurobonds oder Coronabonds hinaus, die noch auf der Idee von „Darlehen“ zu „Bedingungen“ beruhten (die jedoch im Laufe der Debatte immer mehr reduziert wurden). Und genau wie im Schuman-Plan vom 9. Mai 1950 ist es Europa gelungen, die alte Politik der „Verträge“ in Richtung auf eine gemeinsame und „gemeinschaftliche“ Ebene der Mitgliedstaaten zu überwinden. So enthält nun das Programm, das von der Leyen unter dem Namen Next Generation EU auf der Grundlage des deutsch-französischen Vorschlags unterbreitete, einen ähnlichen qualitativen Sprung hin zur gemeinsamen Verwaltung eines „nicht rückzahlbaren“ Ressourcenfonds, zumindest für den überwiegenden Teil (die 500 Milliarden des Merkel-Macron-Vorschlags, nun ergänzt durch weitere 250 Milliarden zinsgünstiger Darlehen). Es scheint sich also die Methode der drei Politiker tiefen christlichen Glaubens Schuman, De Gasperi und Adenauer zu bewahrheiten, für die „Europa nicht auf einen Schlag“ hergestellt werden kann (Schuman-Erklärung). Wenn Merkel, Macron und von der Leyen einen neuen Schuman-Plan vorschlagen, dann zeigen die Prinzipien, die die drei „Gründungsväter“ Europas beseelt haben und die mit der Soziallehre der Kirche übereinstimmen, ihre historische Stärke zum Nutzen aller Mitgliedsländer. Italien wäre sogar der Hauptbegünstigte mit einem Anteil von 172,7 Milliarden Euro (davon 81 Milliarden an Beihilfen und 90 Milliarden an Darlehen). Sicherlich muss Next Generation EU noch die Prüfung der Staatschefs zwischen dem 17. und 18. Juni bestehen, wo eine hitzige Debatte mit den Hauptgegnerländern wie Österreich oder den Niederlanden erwartet wird. Doch bei allem Respekt sprach der Präsident des Europäischen Parlaments in Straßburg, Sassoli, über den „Europäischen D-Tag des 21. Jahrhunderts“, und der viel seit  Ende März so vehement geforderte Marshall-Plan, der als fern und unmöglich galt, kann wirklich Wirklichkeit werden. Die gestiegene Bedeutung und Stärke der EU wird auch daran deutlich, dass sich mit diesem Plan – zusammen mit weiteren 1.100 Milliarden, die bereits für einen mehrjährigen Finanzrahmen beschlossen wurden, und den anderen Summen der europäischen Programme als bereits eingeleitete Reaktion auf die Krise – ihr Haushalt von 1 auf 2% des europäischen BIP verdoppelt. Ein solch historischer Moment, in dem Europa seine Einheit und Stärke zeigt, kann nur eine theologische Reflexion der Hoffnung hervorrufen: auf dass er nun gleichzeitig auch eine kulturelle und motivierende Grundlage für diejenigen gibt, die für Europa normalerweise „nur“ mit Zahlen kämpfen.

Diese konkrete Grundlage für Hoffnung wird dann in einen zweiten Eindruck übersetzt, der weniger unmittelbar, dafür aber fundierter ist. Er geht aus der folgenden Frage hervor: Wie hatte sich der Mensch angesichts früherer Epidemien und Pandemien verhalten? Zweifellos, indem er sich öffentlich und religiös an Gott gewandt hat, nicht nur an den Gott Jesu Christi, wie wir es z.B. in der Situation in China gesehen haben. Mit Covid-19 wurde stattdessen der „Spread“ (Anm. des Übers.: Das in Italien sehr beachtete Verhältnis der Renditen von deutschen und italieinischen Staatsanleihen) und sein Einfluss auf das „BIP“ beschworen: Darin scheint die „bisher noch nie dagewesene Situation“ zu bestehen, von der gerne die Rede ist. Nun zur Lösung nur auf ein wirtschaftliches Mittel zu setzen, kann so fideistisch sein, wie sich (nicht) auf Gott zu stützen, denn die Wirtschaft ist nicht verifizierbarer als die Religion, vielleicht sogar umgekehrt. Dies scheint die wahre Bedeutung der Mahnung „Ich ermahne euch zur Geschichte“ zu sein, die der junge deutsche Philosoph Georg von Hardenberg 1799 in seinem „Die Christenheit oder Europa“ formulierte. Das europäische BIP scheint in der Tat zu spalten, was das Christentum vereinte: Mit der neuen Perspektive, die sich als Hoffnung herausstellt, könnte diese Spaltung (teilweise) überwunden werden. Es ist kein Zufall, dass die Haltung der Kirchen in Europa – und auf anderen christlichen Kontinenten – emblematisch war: Die Kirche hat sich über konfessionelle Unterschiede hinweg Gott zugewandt, obwohl sie sich streng an die von den verschiedenen Gesundheitsministerien ausgearbeiteten Gesundheitsprotokolle gehalten hat. Ausnahmsweise gehorchte die Kirche einmal den „civis“, als ob sie eine einzige „civitas“ wäre, und überwand damit auch ihrerseits die Spaltung. Über diese Gleichung und über die Aussichten für neue Synthesen und Dialoge wird es notwendig sein, in naher Zukunft weiter und vertieft nachzudenken, gerade wegen dem, was der „Vater“ der universellen Geschichtsschreibung, der deutsche Leopold von Ranke,meinte, wenn err sagte, dass „jede Epoche unmittelbar zu Gott“ sei. Tatsächlich ist ein neues Europa der Next Generation EU – nach der Ablehnung eines Gottesbezugs im Vorschlag für eine europäische Verfassung, der 2005 von Frankreich und den Niederlanden abgelehnt wurde – aufgerufen, das Verhältnis zwischen Politik und Zivilgesellschaft einerseits und der religiösen Dimension und der christlichen kulturellen Tradition andererseits neu zu überdenken, auch in Bezug auf den neuen religiösen Pluralismus, der unseren Kontinent heute prägt.

Schließlich sehen wir am Horizont eine wichtiges drittes layout: die diversifizierte Wahrnehmung Gottes und der Kirchen, die sich zu ihm bekennen, während der Covid-19-Krise. Sie ist keineswegs allogen, weder in der politischen noch in der wirtschaftlichen Frage. Es soll hier weder auf die Möglichkeit Bezug genommen werden, dass viele Menschen am gesellschaftlichen und kirchlichen Leben per streaming– also „von fern“ – teilgenommen haben, noch auf die (vermutete) Zunahme der Religiosität während der Hochphase und im Abklingen der Pandemie, die in vielen demoskopischen Analysen festgestellt wird. Dieses dritte layout würde eher diese andere Frage beantworten: von wem erwartet der Mensch heute das Heil, die Rettung, „salus, salvezza, health“? Von der medizinischen Wissenschaft, die einen Impfstoff entwickeln kann, oder von Gott, wie es früher der Fall war? Wie zu sehen ist, handelt es sich wieder einmal um eine Frage politischer und wirtschaftlicher Natur, denn in den beiden letztgenannten Fällen ist ein Rückfall zu verzeichnen. Selbst wenn die Europäische Union jetzt den Plan Next Generation EU umsetzen würde, bliebe immer noch zu prüfen, ob das „Heilspatent“ auch als solches wahrgenommen wird oder mit der Kontrolle der Einhaltung der „Regeln“ verbunden ist, denn im letzteren Fall würde die “Behandlung” der Auswirkungen der Pandemie als eine Falle erscheinen, die die Kluft zwischen Nord- und Südeuropa weiter vertieft. Bis zum Beweis des Gegenteils hat sich kein Staat der Union dafür entschieden, den tragischen Auswirkungen in einigen Gebieten des alten Kontinentes zu erliegen. Es muss wieder aufgestanden werden. Auch wenn es mit großen Schwierigkeiten verbunden ist, so muss es doch eine neue Art und Weise geben, die Zugehörigkeit zu leben – die in ihrer europäischen Dimension erst noch etabliert werden muss -, und die verschiedenen Dimensionen des Lebens umfasst. Darüber hinaus kann nur eine Integration von Wirtschaft und politischer Planung in einem Kontext universeller Solidarität, wie sie von den Religionen gepflegt wird, der Entwicklung unserer Wirtschaft hin zu mehr Solidarität mit anderen und mit der Umwelt einen neuen Impuls verleihen. In diesem Sinne muss Europa aus der Krise von 2007/08 gelernt haben, auf die es mit Sparsamkeit und mit Eile reagierte, um so schnell wie möglich mit großen Geldsummen zum „alten Stil“ des Lebens, der Wirtschaft und der Entwicklung zurückzukehren. Theologische Hoffnung kann uns hingegen zum jetzigen Zeitpunkt die Aussicht eröffnen, ein neues Zivilisationskonzept zu verwirklichen, das umfassender und nachhaltiger ist. In dieser Perspektive offenbart sich die Enzyklika Laudato Sí des Jahres 2015 wahrhaft als prophetisches Dokument und zeigt ihre gegenwärtige Relevanz: Mit der Bestätigung des New Green Deal, den viele bereits für die wirtschaftliche Erholung opfern wollten, hat die Kommissionspräsidentin neue Horizonte eines positiven Dialogs zwischen Wirtschaft, Gesellschaft und Kirche eröffnet.

Abschließend müssen wir folgende Frage offen stehenlassen: Ist die ungleiche Verbreitung der Säkularisierung zwischen dem Süden und Norden des christlichen Europas vielleicht umgekehrt proportional zu der Wahrnehmung, die europäische Männer und Frauen vom Thema des Heilspatents haben? Das heißt: entweder Technik (und damit auch Wirtschaft) – oder Gott? Hatte der Deutsche Novalis also vielleicht Recht, sich die unzusammenhängende Frage zu stellen: Christentum oder Europa, wobei er im 18. Jahrhundert sicherlich nicht die „christlichen Wurzeln“ Europas im Sinn hatte? Angesichts dieser Provokation sind wir jedoch aufgerufen, eine neue Synthese der Hoffnung zu finden: ein Europa, das in der Welt wettbewerbsfähig ist, aber gleichzeitig fest an seinen Werten und Wurzeln festhält.

 

Übersetzung Albert Drews mit Hilfe von www.DeepL.com/Translator

Europe and the Coronavirus – some theological reflections of hope for the EU

Markus Krienke is Full Professor of Modern Philosophy and Social Ethics at the Faculty of Theology in Lugano and Director of the Rosmini Chair; he is Professor for Philosophical Anthropology at the Pontifical Lateran University and teaches Social Doctrine of the Church at the Theological Faculty of Northern Italy in Milan.

Gianluigi Pasquale is Professor of Fundamental Theology at the Pontifical Lateran University, Vatican City State, and at the affiliated Theological Studio „Laurentianum“ in Venice, at the Campus of Milan (Italy). In 2018 he obtained the National Scientific Habilitation as Associate Professor for Moral Philosophy.

The impact of Covid-19 on the current context deserves to be assessed with great caution, through some interpretative layouts of the whole phenomenon. For at least two reasons. First, because such an impact is changeable, as we observe from the same various „phases“ that follow one another. Secondly, we know that this is a pandemic that has affected the entire planet. So we are not dealing with a „Euro-virus“, although the European continent feels called upon to give a common response on a par with the American and Asian continents.

There is almost no theological reading of the situation: while we have focused only on the question „yes or no masses“, we have completely forgotten to develop categories of theological interpretation, and this is another sign of how much we have reduced our category of Europe to a political-economic one, forgetting the cultural and Christian dimension. From the perspective of „salvation history“, we seem to be able to identify „hope“ precisely in this second phase of the crisis (from April-May). Every theological category of „history of salvation“ refers to concrete history: here we can initially observe, how in a first phase (March-April), Covid-19 seems to have widened the (existing) gap between a northern European habitus of „Germanic“ cultural matrix and the Mediterranean one of „Latin“ cultural matrix, regardless of the political and economic solutions that are being taken. In fact, with the Recovery fund proposal launched by Merkel and Macron on 19 May, the European Union not only puts into concrete terms what was said before by the President of the Commission von der Leyen and lately also by the President of the ECB Lagarde, but suddenly goes beyond the endless and confused debates around the Eurobonds or Coronabonds, which were still based on the idea of „loans“ on „conditions“ (which, however, in the course of the debate were increasingly reduced). And just as in the Schuman Plan of 9 May 1950 Europe managed to move beyond the old „Treaty“ policy towards a common and „community“ level between the Member States. Thus, the programme presented by von der Leyen under the name “Next Generation Eu“ on the basis of the Franco-German proposal now contains a similar qualitative leap towards the joint management of a „non-repayable“ resource fund, at least for the vast majority (the 500 billion of the Merkel-Macron proposal, now supplemented by another 250 billion of low-interest loans). So the method of the three politicians of deep Christian faith Schuman, De Gasperi and Adenauer for whom „Europe cannot be made at once“ (Schuman Declaration) seems to be proving true. If Merkel, Macron and von der Leyen propose a new Schuman Plan, then the principles that animated the three „Founding Fathers“ of Europe and which are in correspondence with the Social Doctrine of the Church, demonstrate their historical strength for the benefit of all the member countries. Italy would even be the main beneficiary with a slice of 172,7 billion Euros (of which 81 billion in aid and 90 billion in loans). Certainly, “Next Generation Eu” has yet to pass the scrutiny of the Heads of State between 17 and 18 June, where a heated debate is expected with the main opposition countries such as Austria or the Netherlands. But with all due respect, the President of Parliament in Strasbourg, Sassoli, spoke about the „European D-Day of the 21st century“, and the much-proclaimed Marshall Plan at the end of March, considered distant and impossible, can truly become reality. The increased importance and strength of the EU can also be seen by the fact that with this plan – together with another 1,100 billion already decided for a multiannual financial framework, and the other figures of the European programmes to react to the crisis already underway – its budget doubles from 1 to 2% of European GDP. Such an historic moment, where Europe shows its unity and strength, can only provoke a theological reflection of hope: that at the same time it also gives a cultural and motivational foundation to those who fight for Europe usually „only“ with numbers.

This concrete basis for hope is then translated into a second impression, which is less immediate but more profound. It results from the following question: how had man behaved in the face of previous epidemics and pandemics? Undoubtedly, turning publicly and religiously to God, not only to the God of Jesus Christ, as we have seen, for example, in the situation in the Republic of China. With the Covid-19, instead, the „spread“ and its influence on the „GDP“ was invoked: this seems to have been the unprecedented situation, as they say today. Now, having placed the burden of the solution only on an economic device can be just as fideistic as (not) having placed it on God, because the economy is not more ascertainable than religion, perhaps vice versa. This seems to be the true meaning of the exhortation „I exhort you to history“ that the young German philosopher Georg von Hardenberg wrote in his “Christianity or Europe” in 1799. In fact, the European GDP seems to divide what Christianity united: now with the new perspective that emerges as a hope, this division could be (partially) overcome. It is no coincidence that the attitude of the churches in Europe – and on other Christian continents – has been emblematic: the Church has turned to God, beyond confessional distinctions, even though it has strictly obeyed the health protocols drawn up by the various health ministries. For once the Church obeyed the „civis“, as if it were a single „civitas“, thus overcoming the division also on its part. On this equation and on the prospects for new syntheses and dialogues it will be necessary to reflect further and for a long time to come, in the near future, precisely because of what the „father“ of universal historiography, the German Leopoldus von Ranke, intended to say, according to whom „every epoch is equidistant before God“. A new Europe of the “Next Generation Eu”, in fact, is called – after the nomination of God in the proposal for a European constitution rejected in 2005 by France and the Netherlands – to rethink the relationship between politics and civil society, on the one hand, and the religious dimension and Christian cultural tradition, on the other, also in relation to the new religious pluralism that now characterizes our continent.

Finally, on the horizon we see an important third layout: the diversified perception acquired of God and the churches that confess Him during Covid-19. It is not at all allogeneic to either the political or the economic question. It is not intended here to refer either to the eventuality whereby many people participated in social and ecclesial life in streaming – i.e. „remotely“ – or to the (presumed) increase in religiosity that in men and women anyone would have experienced during and in the disappearance of the pandemic, as stated by many demoscopic analyses. This third layout would rather answer this other question: from whom does man today expect salvation, the „salus, heil, health“? From medical science that can devise a vaccine, or from God, as it was before? As you can see, the question is, once again, of political and economic nature, having a relapse in both these last two. Even if the European Union now implemented the “Next Generation Eu” plan, it would still be left to verify whether the „patent of salvation“ is perceived as such, or is linked to the control of compliance with „rules“ because, in the latter case, the „hospitalization“ from the effects of the pandemic would appear a trap that further furrows the gap between North and South Europe. Until proven otherwise, no State of the Union has chosen to succumb to the tragic effects of the contagion, as happened in some areas of the old continent. It has to get back up again. Although with great effort, it must therefore correspond to a new way of living citizenship – which in its European dimension has yet to be established – which embraces the various dimensions of life. Moreover, only such integration of the economy and political planning in a context of universal solidarity, as religions cultivate it, can give a new impetus to the development of our economy towards more solidarity with others and with the environment. Europe, in this sense, must have learned from the crisis of 2007/08, to which it responded with austerity and with the haste to return with large sums of money as soon as possible to the „old style“ of life, economy and development. At this time, theological hope can open us the prospect of realizing a new concept of civilization, more inclusive and sustainable. In this perspective, the Encyclical Laudato Sí of 2015 truly reveals itself as a prophetic document and realizes its relevance today: in confirming the New Green Deal that many already wanted to sacrifice to the recovery of the economy, the President of the Commission has opened new glimmers of positive dialogue between the economy, society and the Church.

Finally, we would like to leave the following question open: is the diversified distribution between secularisation and the South and North of Christian Europe inversely proportional to the perception that European men and women have of the subject giving them the patent of salvation? That is to say: either technology (also economic) or God? Wasn’t the German Novalis right, then, to ask himself the disjunctive question: Christianity or Europe, since in the 18th century he did not intend at all to speak of Europe’s „Christian roots“? In the face of this provocation, however, we are called upon to find new syntheses of hope: a Europe that is competitive in the world but at the same time firm on its values and roots

 

Übersetzung Clara Dehlinger mit Hilfe von www.DeepL.com/Translator

 

Dies ist ein Beitrag im Rahmen des Blog-Projekts „Gemeinsam oder Einsam aus der Krise? Die Europäische Union am Scheideweg angesichts der Herausforderungen durch den Corona-Virus“. Erfahren Sie hier mehr über das Projekt!

 

„Wir wissen nicht wohin, dafür aber sind wir schneller dort“ (Helmut Qualtinger) – Teil 2

Michael Wimmer

Erster Teil  / First Part  / Première Partie

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Spitzt die Seuche den Kampf zwischen den Anhänger*innen demokratischer und autoritärer Herrschaftsformen zu?

Zugleich mehren sich die Anzeichen einer neuen, in der Regel autoritativen Staatlichkeit, die von sich behauptet, mit den wachsenden Krisenerscheinungen besser umgehen zu können als liberal-demokratisch verfasste. Rund um den Globus tritt ein neuer Herrschaftstyp auf, der im Anspruch einer neuen staatlichen Dominanz bereit ist, wesentliche demokratische Errungenschaften zu opfern, um stattdessen Stärke und Sicherheit um (fast) jeden Preis zu versprechen.  Nicht umsonst hat sich die chinesische Regierung weltweit zu positionieren versucht im Anspruch, wesentlich besser, weil entschlossener mit der Epidemie fertig zu werden. Die diplomatischen Erfolge nicht nur in Russland und in einer Reihe afrikanischer Länder aber auch in Teilen vor allem Mittel- und Ost-Europas waren der neuen Supermacht sicher.
Der serbisch-US-amerikanische Ökonom Branko Milanovic hat bereits vor Ausbruch der Krise in Foreign Affairs den Beitrag „The Clash of Capitalisms“ veröffentlicht. Darin vermutet er eine wachsende Auseinandersetzung der zwei verbliebenen Polit-Konzepte, um den wachsenden Widersprüchen, denen die nationalen Gesellschaften ausgesetzt sind, wirksam zu begegnen. Angesichts der radikalisierten Konkurrenzverhältnisse im globalisierten Finanzkapitalismus läuft diese läuft auf die Wahl zwischen liberal-demokratischer und autoritärer Konfliktbewältigungsstrategien hinaus. Die Auswirkungen der staatlichen Maßnahmen auf den Zustand der nationalen Ökonomien geben wenig Anlass, die Wahl noch einmal zu vertagen.  Ganz im Gegenteil:  Weitreichende Regierungsvollmachten, dazu Maßnahmen zur umfassenden sozialen Überwachung der Bevölkerung, die als Mittel der Krisenbewältigung legitimiert werden, deuten darauf hin, in welche Richtung das Pendel auch in Europa ausschlagen könnte.

 

Könnte es sein, dass die Europäer*innen nicht mehr wissen, wer sie sind?

Zur Zeit erweisen sich alle Einschätzungen zur Zukunft des europäischen Integrationsprozesses als durchaus widersprüchlich. Zum einen ist evident, dass die Krise den Nationalisten in Europa in die Hände spielt. Schon in Ermangelung einer gesamteuropäischen Zuständigkeit haben die europäischen Staaten ihre je eigene gesundheitspolitische Strategie entwickelt. Darüber hinaus ist augenfällig, dass der Bedarf, sich voneinander abzugrenzen, in diesen Monaten eklatant gestiegen ist; die nationalen Regierungen, allen voran die ungarische, haben sich – wenn auch zeitlich begrenzte – Sondervollmachten am Parlament vorbei ausstellen lassen, die erst gar nicht vorgeben, im Einklang mit europäischen Regelungen zu stehen.

Parlamentarisch legitimierte Entscheidungsprozesse gerieten da nur allzu leicht zur Farce. Dies umsoeemehr, als sich bereits in den letzten Jahren selbst in Ländern mit langen demokratischen Traditionen eine Stimme verstärkt hatte, mühsam zustande kommende demokratische Kompromisse wären immer weniger in der Lage, angesichts der aktuellen Herausforderungen die notwendigen politischen Entscheidungen herbeizuführen. Diese Tendenzen haben politische Strömungen mit autoritären Neigungen nur zu gerne aufgegriffen, um ihren Bevölkerungen noch einmal nationale Stärke wahlweise im Kampf gegen Migration oder bei der Nichteinhaltung von als Bevormundungen uminterpretierte Gemeinschaftsregeln aus Brüssel zu suggerieren.

Spätestens mit dem Ausbruch der Epidemie zeigte sich das Widerspruchsverhältnis zwischen Vergemeinschaftung und Renationalisierung in seiner ganzen Drastik. Entsprechend sind da einerseits die Stimmen, die angesichts der vielen nationalen Sonderwege im Zusammenwirken mit den Strukturschwächen der EU ein baldiges Ende dieses transnationalen politischen Projektes prophezeien. Bereits angeschlagen durch den Brexit, die wirtschaftliche Schwäche der südlichen Mitgliedsländer oder die grassierende Demokratieskepsis der mittel- und osteuropäischen Länder, führe das Hochkochen der nationalen Egoismen das europäische Einigungsprojekt an sein unausweichliches Ende.

„Manchmal kann deine Schwäche dich eher zusammenhalten als deine Stärke“ (Ivan Krastev)

Es gibt aber auch die anderen, wie die des bulgarischen Soziologen Ivan Krastev, der hinter dieser nochmaligen nationalen Aufplusterung wenig Effizienz vermutet. Dahinter ließen sich die spezifischen Schwächen eines Nationalstaates, adäquat nicht nur auf dieses globale Phänomen zu reagieren, bei allem rhetorischen Getöse immer weniger verbergen. Sein Schluss: Spätestens mit dem Ausbruch der Epidemie mutiere die Europäische Union von einer Wahl- zu einer Schicksalsgemeinschaft, die auf Gedeih und Verderb aufeinander angewiesen erscheint: „Wir müssen zusammenstehen, aber wir mögen uns nicht“.

In dem Maß, in dem es den einzelnen Nationalstaaten trotz erheblichen Mitteleinsatzes nicht gelingt, einer entfesselten Dynamisierung überzeugend regulierend und stabilisierend entgegenzuwirken werden sie – so Krastev – nicht darum herumkommen, mehr Kompetenzen an Brüssel anzugeben. Und zwar nicht, um Macht abzugeben, sondern im Gegenteil, um die ihnen verbleibende Macht abzusichern.

Mit der Absicht, auf europäischer Ebene einen umfassenden Wiederaufbaufonds zu errichten, versucht die neue Kommission diesen Notwendigkeiten zu entsprechen, um damit ein in diesen Tagen besonderes Lebenszeichen eines ungebrochenen Willens zur Vergemeinschaftung zu geben. Zugleich lässt sie Absichten erkennen, sich mit Hilfe zumindest von Ansätzen eines europaweiten Steuerregimes von widersprüchlichen nationalen Einfluss-ansprüchen zu emanzipieren. Daran werden taktische Überlegungen der „Sparsamen Vier“ (unter ihnen auch die österreichische Bundesregierung) nur wenig ändern, auch wenn sie versuchen, damit den latenten Konflikt zwischen den Ökonomien der nördlichen und der südlichen Mitgliedsländer am Köcheln zu halten.

Zulauf mag die aktuelle europäische Initiative auch durch die Einsicht erlangen, dass Europa noch nie so allein war wie heute. Ganz offensichtlich ist die aktuelle globale Wettbewerbssituation dazu angetan, bestehende Allianzen immer weiter zu untergraben, auf diese Weise die letzten falschen Hoffnungen eines endgültigen Siegs des westlichen Kapitalismus nach 1989 zu verabschieden. Die immer mehr zutage tretenden globalen Machtverschiebungen, die u.a. bewirkt haben, dass die einst führende Weltmacht USA im Zeichen der Epidemie auf sich selbst zurückgeworfen wurde, könnten so unversehens die EU als Akt des schieren Überlebenswillens mehr erneuern, als alle bisherigen Krisen zuvor. Es könnte aber auch anders kommen, wenn etwa Deutschland als zentraler politischer Akteur in Europa im weiteren Verlauf der zu erwartenden lange anhaltenden wirtschaftlichen Krise sein Heil in nationaler Rettung versucht. Dann wären die Parallelen zu Harpers Verlaufsskizze zum Ende dieses großen und komplexen politischen Gebildes nicht mehr weit.

Solidarität als zentrale europäische Ressource

Seine große Sorge in Bezug auf den weiteren europäischen Einigungsprozess fasst Krastev in dem Satz zusammen: „Wir wissen nicht mehr, wer wir sind“. Er verweist damit nicht auf eng gefasste Vorstellungen einer wie immer gearteten gemeinsamen europäischen kulturellen Identität, die ein Kulturbetrieb, wenn man ihn nur ließe, bereitstellen würde. Meines Erachtens bezieht er sich vielmehr auf eine spezifische Form des Zusammenlebens, die eine europäische Lebensweise lange Zeit von anderen unterscheidbar gemacht hat. Sie scheint mir mit dem Anspruch auf „soziale Marktwirtschaft“ gut umschrieben und ist jedenfalls eine, die der sozialen Dimension eine gleichwertige Stellung einzuräumen versteht wie der ökonomischen. In einem aktuellen Beitrag „Das könnte die Rettung Europas sein“ bedauert der liberale Autor und Historiker Timothy Garton Ash die undifferenzierte Implementierung des neoliberalen Paradigma auch auf dem europäischen Kontinent: Vor allem nach 1989 sei es in Europa zu einer fatalen Selbstüberschätzung gekommen, die das Modell des europäischen Liberalismus zu einem schier ökonomischen Liberalismus zur umfassenden Befreiung der Märkte habe verkommen lassen. In dieser Phase müssen wir auch die anderen Teile des Liberalismus wieder restaurieren, die kulturellen und sozialen.

Damit liegt bei der Beantwortung der Frage, wer die Europäer*innen sind (bzw. künftig sein wollen), ein zentraler Schlüssel in der Neubewertung der Bedeutung von gegenseitigem Respekt und Solidarität. Bislang sind alle Versuche, die soziale Dimension der Europäischen Union zu stärken, am Primat der nationalen Zuständigkeit für Sozialpolitik gescheitert. In der Krise zeigt sich, dass soziale und gesundheitliche Probleme vor nationalen Grenzen nicht Halt machen und es folglich dafür auch keine befriedigenden nationalstaatlichen Antworten mehr gibt (auch wenn das Trump, Johnson oder Bolsonaro noch so verhängnisvoll für ihre Bevölkerungen dekretieren).

Auf der Grundlage einer solchen kollektiven Erkenntnis zeigen sich unschwer die Umrisse einer von Krastev so apostrophierten „Schicksalsgemeinschaft“, die sich nicht im wirtschaftlichen Erfolg einer weniger erschöpft, sondern Solidarität zu einer zentralen Leitlinie politischen Handelns in Europa werden lässt. Aktuelle Ergebnisse von Befragungen junger Europäer*innen, die sich zu 71%  für ein bedingungsloses Grundeinkommen aussprechen, deuten ebenso wie der vielerorts aufbrechende Dank und Respekt gegenüber den Arbeitskräften, die in diesen Tagen unter beträchtlicher gesundheitlicher Gefährdung bereit waren, das System in der Krise am Laufen zu halten, in eine ähnliche Richtung.

Der Kulturbetrieb als Symptom der Krise oder als ein Wegweiser aus der Krise?

Zuletzt noch ein paar Worte zum Kulturbetrieb. Der hat in diesen Tagen wenig zu lachen.
Aufgrund des Lock-Downs geschlossen, ist er von wesentlichen Betriebsmitteln abgeschnitten und auf staatliche Unterstützung angewiesen. Und es zeigt sich auch in diesem Sektor, dass als Ergebnis des neoliberalen Sogs seine Zurichtung auf die Erfordernisse eines möglichst ungeregelten Kulturmarktes nicht nur Vorteile gebracht hat. Der weitgehende Zusammenbruch der internationalen Tourismusindustrie macht diesbezügliche Abhängigkeiten schmerzhaft deutlich. Aber auch die zum Teil desaströsen Wirkungen seiner aktuellen Verfasstheit auf das Klima lassen sich in diesen Tagen nicht mehr beschönigen. In diesem Sektor lässt die Europäische Union leider noch wenig Bereitschaft erkennen, Kunst und Kultur neu zu denken und damit ihre Relevanz für die weitere gesellschaftliche Entwicklung zu erhöhen.

Kulturpolitik war einst als eine „Fortsetzung von Sozialpolitik“ angetreten. Davon ist sie heute mehr denn je entfernt. Und böte in ihrer ursprünglichen Ausrichtung dennoch einen besseren Anhaltspunkt zur Beantwortung „Wer wir als Europäer*innen sein wollen“, als ein von den gesellschaftlichen Veränderungen weitgehend isolierter, dazu durchkommerzialisierter Teilbereich einer beliebig austauschbaren Freizeitindustrie.

Die System-Irrelevanz der Kunst als Inbegriff des Europäischen

In ihrer existentiellen Not melden sich viele Vertreter*innen mit der Behauptung, Kunst und Kultur müssten in diesen Tagen in besonderer Weise staatlich alimentiert werden; sie seien schließlich systemrelevant. Dem widersprach Reinhard J. Brembeck jüngst in einem Beitrag „Warum Kunst systemfeindlich ist“ in der Süddeutschen Zeitung vehement. Statt dessen bestand er auf dem subversiven Potential eines europäischen Kunstbegriffs, der sich nicht in der Affirmation der bestehenden Verhältnisse beschränkt, sondern – mit spezifisch ästhetischen Mitteln – neue, unerwartete Möglichkeitsräume eröffnet, die über das, was wir erwarten können, hinausweisen.

Auch wenn die Auseinandersetzung mit Kunst, bis auf wenige Ausnahmen, bislang tendenziell auf einige wenige Inseln im Alltagsgeschehen von Europäer*innen beschränkt geblieben ist, so spricht vieles für die Vermutung, dass Kunst das Europäischste ist, was wir haben. Und es könnte sich einmal mehr zeigen, dass die Auseinandersetzung mit Kunst – gerade durch ihre Subversivität – in herausragender Weise dafür prädestiniert, sich mit der Frage zu beschäftigen, wer wir sind, wir Europäer*innen, die wir uns noch längere Zeit mit den wirtschaftlichen, sozialen und kulturellen Folgen der Epidemie werden beschäftigen müssen. Kunst wäre dabei ein Medium, das sich einfachen Antworten verweigert und uns stattdessen einlädt, Unsicherheiten auszuhalten und sich auf sie in produktiver Weise einzulassen. Um dabei zu erfahren, dass es trotz aller Widrigkeiten Zukünfte gibt, die es lohnen, angestrebt zu werden.

Dies ist ein Beitrag im Rahmen des Blog-Projekts „Gemeinsam oder Einsam aus der Krise? Die Europäische Union am Scheideweg angesichts der Herausforderungen durch den Corona-Virus“. Erfahren Sie hier mehr über das Projekt!

Erster Teil  / First Part  / Première Partie

Is the epidemic intensifying the struggle between the supporters of democratic and authoritarian forms of rule?

At the same time, there are increasing signs of a new, usually authoritarian state, which claims to be better able to deal with the growing crisis phenomena than liberal-democratic ones. Around the globe a new type of rule is emerging which, in the claim of a new state dominance, is prepared to sacrifice essential democratic achievements in order to promise strength and security at (almost) any price.  It is not without reason that the Chinese government has tried to position itself worldwide in the claim to cope with the epidemic much better, because more determined. The diplomatic successes not only in Russia and in a number of African countries but also in parts of Central and Eastern Europe in particular were assured to the new superpower.

The Serbian-DU American economist Branko Milanovic published the article „The Clash of Capitalisms“  even before the crisis in foreign affairs broke out. In it he suspects a growing clash of the two remaining political concepts in order to effectively counter the growing contradictions facing national societies. In view of the radicalized competitive conditions in globalized financial capitalism, this amounts to a choice between liberal-democratic and authoritarian conflict management strategies. The effects of state measures on the state of national economies give little reason to postpone the election again.  On the contrary, far-reaching government powers, together with measures for comprehensive social surveillance of the population, which are legitimised as means of crisis management, indicate the direction in which the pendulum could swing in Europe too.

 

Could it be that Europeans no longer know who they are?

At present, all assessments of the future of the European integration process prove to be quite contradictory. On the one hand, it is evident that the crisis is playing into the hands of nationalists in Europe. Even in the absence of a pan-European competence, the European states have developed their own health policy strategy. Moreover, it is obvious that the need to distance themselves from each other has increased dramatically in recent months; the national governments, above all the Hungarian government, have had special powers – albeit limited in time – issued past Parliament, which do not even pretend to be in line with European regulations.

Parliamentary legitimised decision-making processes have all too easily turned into a farce. This was all the more so as a voice had already been strengthened in recent years, even in countries with long democratic traditions; laboriously reached democratic compromises would be less and less able to bring about the necessary political decisions in view of the current challenges. These tendencies have been taken up only too readily by political currents with authoritarian tendencies, in order to suggest to their populations once again national strengthening, either in the fight against migration or in not complying with Community rules from Brussels, which have been reinterpreted as paternalism.

With the outbreak of the epidemic at the latest, the contradictory relationship between communitization and renationalization became apparent in all its drasticness. Correspondingly, on the one hand, there are those who, in view of the many special national paths in conjunction with the structural weaknesses of the EU, predict a speedy end to this transnational political project. Already battered by the Brexit, the economic weakness of the southern member states or the rampant scepticism towards democracy in the Central and Eastern European countries, the boiling up of national egoisms is leading the European unification project to its inevitable end.

„Sometimes your weakness can hold you together more than your strength“ (Ivan Krastev)

But there are others, such as the Bulgarian sociologist Ivan Krastev , who suspects little efficiency behind this further national upsurge. Behind this, despite all the rhetorical noise, the specific weaknesses of a nation state in reacting adequately not only to this global phenomenon could be less and less concealed. His conclusion: With the outbreak of the epidemic at the latest, the European Union mutated from an electoral community to a community of destiny that seems to depend on one another for better or worse: „We have to stand together, but we don’t like each other”.

To the extent that the individual national states, despite the considerable resources they have invested, do not succeed in convincingly regulating and stabilizing an unleashed dynamism, they will – according to Krastev – have no choice but to give more competences to Brussels. And not in order to relinquish power, but on the contrary, to secure the power they retain.

With the intention of setting up a comprehensive reconstruction fund at European level, the new Commission is attempting to respond to these needs in order to give a special sign of life in these days of an unbroken will to communitise. At the same time, it is showing intentions to emancipate itself from contradictory national claims to influence, at least by means of a Europe-wide tax regime. The tactical considerations of the „Economical Four“ (including the Austrian federal government) will change little in this respect, even if they try to keep the latent conflict between the economies of the northern and southern member states at bay.

The current European initiative may also gain popularity through the insight that Europe has never been so alone as it is today. It is quite obvious that the current global competitive situation is tending to undermine existing alliances even further, thereby abandoning the last false hopes of a final victory for Western capitalism after 1989. The global power shifts that are becoming more and more apparent, which have, among other things, caused the once leading world power, the USA, to be thrown back on itself in the wake of the epidemic, could so unexpectedly renew the EU as an act of sheer survivalism more than any previous crisis. But things could also turn out differently if, for example, Germany, as a central political actor in Europe, were to attempt its salvation in national salvation in the further course of the expected long-lasting economic crisis. Then the parallels with Harper’s sketch of the course of events at the end of this large and complex political entity would not be far off.

 

Solidarity as a central European resource

Krastev summarises his great concern regarding the further process of European unification in the sentence: „We no longer know who we are“. He is not referring to narrowly defined ideas of a common European cultural identity of any kind, which a cultural enterprise would provide if it were only allowed to do so. In my opinion, it rather refers to a specific form of coexistence that has long made a European way of life distinguishable from others. It seems to me to be a good way of describing the claim to a „social market economy“, and is in any case one that knows how to give the social dimension an equal status to the economic dimension. In a recent article „This could be the salvation of Europe“ , the liberal author and historian Timothy Garton Ash regrets the undifferentiated implementation of the neoliberal paradigm on the European continent as well: Especially after 1989, he says, there was a fatal overestimation of self in Europe, which allowed the model of European liberalism to degenerate into a sheer economic liberalism for the comprehensive liberation of the markets. In this phase we must also restore the other parts of liberalism, the cultural and social parts.

Thus, in answering the question of who the Europeans are (or want to be in the future), a central key lies in reassessing the importance of mutual respect and solidarity. So far, all attempts to strengthen the social dimension of the European Union have failed because of the primacy of national responsibility for social policy. The crisis has shown that social and health problems do not stop at national borders and that there are therefore no longer any satisfactory national responses to them (even if Trump, Johnson or Bolsonaro decree this in a way that is disastrous for their populations).

On the basis of such a collective insight, the outlines of a „community of destiny“ so apostrophized by Krastev can easily be seen, which is not exhausted in economic success but solidarity can become a central guideline for political action in Europe. The latest results of surveys of young Europeans, 71% of whom are in favour of an unconditional basic income, point in a similar direction, as do the thanks and respect for the workers who, in many places, were prepared to keep the system running in the crisis, with considerable health risks.

 

The cultural industry as a symptom of the crisis or as a signpost out of the crisis?

Finally, a few words about the culture industry. It hasn’t much to laugh about these days.

Closed due to the lockdown, it is cut off from essential resources and dependent on state support. And in this sector, too, it can be seen that as a result of the neoliberal pull, its orientation towards the requirements of a cultural market that is as unregulated as possible has not only brought advantages. The widespread collapse of the international tourism industry makes this dependence painfully clear. But the partly disastrous effects of its current state on the climate can no longer be glossed over these days. In this sector, the European Union is unfortunately still showing little willingness to rethink art and culture and thus increase their relevance for the further development of society .

Cultural policy was once seen as a „continuation of social policy“. Today more than ever, it is far removed from this. And yet, in its original orientation, it would offer a better starting point for answering the question „Who we as Europeans want to be“ than a sub-sector of a leisure industry that is largely isolated from social changes and, in addition, thoroughly commercialised and interchangeable.

The systemic irrelevance of art as the epitome of the European

In their existential need, many representatives claim that art and culture must be supported by the state in a special way these days; after all, they are relevant to the system. Reinhard J. Brembeck recently contradicted this vehemently in an article „Warum Kunst systemfeindlich ist“ (“Why art is hostile to the system”)  in the Süddeutsche Zeitung. Instead, he insisted on the subversive potential of a European concept of art that is not limited in affirming existing conditions but – with specifically aesthetic means – opens up new, unexpected spaces of possibility that point beyond what we can expect.

Even if the discussion of art, with a few exceptions, has so far tended to be limited to a few islands in the everyday lives of Europeans, there is much to suggest that art is the most European thing we have. And it could once again be shown that the confrontation with art – precisely because of its subversiveness – is predestined in an outstanding way to deal with the question of who we are, we Europeans, who will have to deal with the economic, social and cultural consequences of the epidemic for some time to come. Art would be a medium that refuses simple answers and instead invites us to endure uncertainty and engage with it in a productive way. To learn in the process that despite all adversity there are futures worth striving for

This is a contribution to the blog project „Together or alone out of the crisis? The European Union at a crossroads in the face of the challenges posed by the corona virus“. Learn more about the project here

Übersetzung Clara Dehlinger unter Verwendung von www.DeepL.com/Translator

«Nous ne savons pas où aller, mais nous y arriverons plus vite » (Helmut Qualtinger)
– Deuxième partie –

Sur les effets d’une pandémie qui se propage dans le monde entier et qui nous fait prendre conscience que les choses ne peuvent plus continuer comme avant, mais qui nous laisse pourtant faire (presque) tout ce que nous pouvons pour qu’elles continuent comme avant.

 

L’épidémie intensifie-t-elle la lutte entre les sympathisants des formes de gouvernement démocratiques et autoritaires ?

En même temps, une nouvelle forme de gouvernement, généralement autoritaire, semble émerger, qui prétend être plus en mesure de gérer les (mieux à même de faire face aux) phénomènes de crise croissants que les gouvernements libéraux-démocrates. Partout dans le monde, un nouveau type de règle émerge qui, dans la revendication d’une nouvelle domination étatique, est prête à sacrifier des acquis démocratiques essentiels afin de promettre la force et la sécurité à (presque) tout prix. Ce n’est pas sans raison que le gouvernement chinois a tenté de se positionner au niveau mondial en prétendant mieux – car plus déterminé – maîtriser l’épidémie. Les succès diplomatiques non seulement en Russie et dans un certain nombre de pays africains, mais surtout dans certaines parties de l’Europe centrale et orientale, étaient certains pour la nouvelle superpuissance.

 

L’économiste serbo-américain Branko Milanovic avait déjà publié l’article „The Clash of Capitalisms“  dans „Foreign Affairs“ avant le début de la crise.  Il y soupçonne un conflit croissant entre les deux concepts politiques restants afin de répondre efficacement aux contradictions croissantes auxquelles sont confrontées les sociétés nationales. Compte tenu des conditions de concurrence radicales dans le capitalisme financier globalisé, cela se résume à un choix entre des stratégies de gestion des conflits libérales-démocratiques et autoritaires. Les effets des mesures de l’État sur les économies nationales ne justifient guère de reporter à nouveau le choix.  Au contraire, de vastes pouvoirs gouvernementaux ainsi que des mesures de surveillance sociale globale de la population, légitimées comme moyen de gestion des crises, indiquent dans quelle direction le pendule pourrait osciller en Europe aussi.

 

Se pourrait-il que les Européens ne sachent plus qui ils sont ?

À l’heure actuelle, toutes les évaluations de l’avenir du processus d’intégration européenne s’avèrent assez contradictoires. D’une part, il est évident que la crise fait le jeu des nationalistes en Europe. Même en l’absence d’une compétence paneuropéenne, les États européens ont développé leur propre stratégie en matière de politique de santé. En outre, il est frappant de constater que la nécessité de se distinguer les uns des autres s’est considérablement accrue ces derniers mois ; les gouvernements nationaux, et surtout le gouvernement hongrois, se sont vu attribuer des pouvoirs spéciaux – bien que pour une durée limitée – en contournant le parlement, qui ne prétendent même pas être conformes aux réglementations européennes.

Les processus décisionnels légitimés par le Parlement se sont trop facilement transformés en farce. Cela est d’autant plus vrai que ces dernières années, même dans les pays ayant une longue tradition démocratique, des voix se sont élevées pour affirmer que les compromis démocratiques laborieusement atteints seraient de moins en moins à même d’entraîner les décisions politiques nécessaires face aux défis actuels. Ces tendances ont été trop facilement reprises par des courants politiques à tendance autoritaire, afin de suggérer à leurs populations une fois de plus la force nationale, soit dans la lutte contre l’immigration, soit dans le non-respect des règles communautaires de Bruxelles, qui ont été réinterprétées comme du paternalisme.

Au plus tard avec le déclenchement de l’épidémie, la relation contradictoire entre communautarisation et renationalisation est apparue dans toute sa radicalité. Ainsi, d’une part, il y a ceux qui, compte tenu des nombreux parcours nationaux particuliers en liaison avec les faiblesses structurelles de l’UE, prédisent une fin rapide à ce projet politique transnational . Déjà frappé par la brexite, la faiblesse économique des Etats membres du Sud ou le scepticisme rampant envers la démocratie dans les pays d’Europe centrale et orientale, l’ébullition des égoïsmes nationaux conduit le projet d’unification européenne à sa fin inévitable.

„Parfois, votre faiblesse peut vous tenir ensemble plus que votre force“ (Ivan Krastev)

Mais il y en a aussi d’autres, comme le sociologue bulgare Ivan Krastev,  qui soupçonne peu d’efficacité derrière cette nouvelle esbroufe national.

Ainsi, malgré tout le bruit de la rhétorique, les faiblesses spécifiques d’un État-nation à réagir de manière adéquate non seulement à ce phénomène mondial pourraient être de moins en moins dissimulées.  Sa conclusion : „Avec le déclenchement de l’épidémie au plus tard, l’Union européenne est en train de passer d’une communauté électorale à une communauté de destin qui semble dépendre les uns des autres pour le meilleur ou pour le pire : „Nous devons être solidaires, mais nous ne nous aimons pas“.

Dans la mesure où les différents États nations, malgré une utilisation considérable des ressources, ne parviennent pas à réguler et à stabiliser de manière convaincante un dynamisme déchaîné, ils n’auront – selon Krastev – d’autre choix que de donner plus de compétences à Bruxelles. Et non pas pour renoncer au pouvoir, mais au contraire, pour s’assurer le pouvoir qui leur reste.

Avec l’intention de mettre en place un fonds de reconstruction global au niveau européen, la nouvelle Commission tente de répondre à ces besoins, donnant ainsi un signe de vie particulier en ces temps de volonté inébranlable de communautarisation. En même temps, elle montre des intentions de s’émanciper des prétentions nationales contradictoires à exercer une influence, au moins par le biais d’approches d’un régime fiscal à l’échelle européenne. Les considérations tactiques des „Quatre Frugaux“ (dont le gouvernement fédéral autrichien) ne changeront pas grand-chose à cet égard, même si elles tentent de de laisser mijoter le conflit latent entre les économies des États membres du Nord et du Sud.

L’initiative européenne actuelle pourrait également gagner en popularité grâce au constat que l’Europe n’a jamais été aussi seule qu’elle l’est aujourd’hui. Evidemment la situation concurrentielle mondiale actuelle tend à miner davantage les alliances existantes, abandonnant ainsi les derniers faux espoirs d’une victoire finale du capitalisme occidental après 1989. Les changements de pouvoir à l’échelle mondiale qui sont de plus en plus évidents et qui ont, entre autres, rejeté sur lui-même l’ancienne première puissance mondiale, les États-Unis, dans le sillage de l’épidémie, pourraient plus que toutes les crises précédentes renouveler de manière inattendue l’UE en tant qu’acte de pure survie. Mais les choses pourraient aussi se passer différemment si, par exemple, l’Allemagne, en tant qu’acteur politique central en Europe, cherchait son salut dans le sauvetage national dans la suite de la crise économique durable attendue. Alors les parallèles avec le croquis de Harper sur le déroulement des événements à la fin de cette entité politique vaste et complexe ne seraient pas loin.

La solidarité, une ressource centrale de l’Europe

Krastev résume sa grande inquiétude concernant la poursuite du processus d’unification européenne dans la phrase : „Nous ne savons plus qui nous sommes“. Il ne fait pas référence à des notions étroitement définies d’une quelconque identité culturelle européenne commune, qu’une entreprise culturelle fournirait si seulement elle était autorisée à le faire. À mon avis, il s’agit plutôt d’une forme spécifique de coexistence qui a longtemps rendu un mode de vie européen distinct des autres. Elle me semble bien décrite par la revendication d’une „économie sociale de marché“ et est en tout cas celle qui sait donner à la dimension sociale un statut égal à la dimension économique. Dans un article récent intitulé „This could be the salvation of Europe“ , l’auteur et historien libéral Timothy Garton Ash regrette la mise en œuvre indifférenciée du paradigme néolibéral sur le continent européen également : „Surtout après 1989, dit-il, il y a eu une surestimation fatale de ses propres capacités en Europe, qui a permis au modèle de libéralisme européen de dégénérer en un pur libéralisme économique pour la libération complète des marchés. Dans cette phase, nous devons également restaurer les autres parties du libéralisme, les parties culturelles et sociales.

Ainsi, pour répondre à la question de savoir qui sont (ou veulent être à l’avenir) les Européens, une clé centrale consiste à réévaluer l’importance du respect mutuel et de la solidarité.  Jusqu’à présent, toutes les tentatives visant à renforcer la dimension sociale de l’Union européenne ont échoué en raison de la primauté de la responsabilité nationale en matière de politique sociale . La crise a montré que les problèmes sociaux et sanitaires ne s’arrêtent pas aux frontières nationales et qu’il n’existe plus de réponses nationales satisfaisantes à ces problèmes (même si Trump, Johnson ou Bolsonaro le décrètent, même si cela est fatal pour leurs populations).

Sur la base d’une telle vision collective, les contours d’une „communauté de destin“ si apostrophée par Krastev sont facilement révélés, qui ne s’épuise pas dans la réussite économique de quelques-uns mais fait devenir la solidarité une ligne directrice centrale de l’action politique en Europe. Les résultats récents d’enquêtes menées auprès de jeunes Européens, dont 71 % sont favorables à un revenu de base inconditionnel, vont dans le même sens, tout comme les remerciements et le respect adressés aux travailleurs qui, en dépit de risques sanitaires considérables, ont accepté de maintenir le système en place pendant la crise.

L’industrie culturelle comme symptôme de la crise ou comme signal de sortie de crise ?

Enfin, quelques mots sur le secteur de la culture. Il n’a pas beaucoup de raisons de rire ces jours-ci.

Fermée en raison du verrouillage, il est coupé des ressources essentielles et dépend du soutien de l’État. Et dans ce secteur aussi, il est évident qu’en raison de l’attraction néolibérale, son orientation vers les exigences d’un marché culturel aussi peu réglementé que possible n’a pas seulement apporté des avantages. L’effondrement généralisé de l’industrie du tourisme international rend cette dépendance douloureusement évidente. Mais les effets partiellement désastreux de son état actuel sur le climat ne peuvent plus être occultés de nos jours. Dans ce secteur, l’Union européenne se montre malheureusement encore peu disposée à repenser l’art et la culture et à accroître ainsi leur pertinence pour le développement futur de la société.

La politique culturelle avait autrefois commencé comme une „continuation de la politique sociale“. Aujourd’hui, plus que jamais, elle en est loin. Pourtant, dans son orientation initiale, il offrirait un meilleur point de départ pour répondre à la question „Qui nous voulons être en tant qu’Européens“ qu’un sous-secteur d’une industrie des loisirs largement isolée des changements sociaux et, de surcroît, profondément commercialisée et interchangeable.

La non-pertinence systémique de l’art en tant qu’incarnation de l’esprit européen

Dans leur détresse existentiel, de nombreux représentants affirment que l’art et la culture doivent être soutenus par l’État d’une manière particulière de nos jours ; après tout, ils seraient pertinents pour le système. Reinhard J. Brembeck l’a récemment contredit avec véhémence dans un article intitulé „Pourquoi l’art est hostile au système“  du Süddeutsche Zeitung. Il a plutôt insisté sur le potentiel subversif d’un concept européen de l’art qui ne se limite pas à affirmer les conditions existantes mais qui – avec des moyens spécifiquement esthétiques – ouvre de nouveaux espaces de possibilités inattendues qui vont au-delà de ce que nous pouvons attendre.

Même si, à quelques exceptions près, la discussion sur l’art a jusqu’à présent eu tendance à se limiter à quelques îles dans la vie quotidienne des Européens, beaucoup d’éléments laissent à penser que l’art est la chose la plus européenne que nous ayons. Et il pourrait redevenir évident que la confrontation avec l’art – précisément à cause de sa subversivité – est prédestinée de façon remarquable à traiter la question de savoir qui nous sommes, nous les Européens, qui devrons faire face aux conséquences économiques, sociales et culturelles de l’épidémie pendant un certain temps encore. L’art serait un média qui refuse de fournir des réponses simples et nous invite plutôt à endurer l’incertitude et à nous engager avec elle de manière productive pour apprendre dans le processus que, malgré toute l’adversité, il y a un avenir qui vaut la peine d’être tenté.

Ceci est une contribution au projet de blog „Ensemble ou seul pour sortir de la crise ? L’Union européenne à la croisée des chemins face aux défis posés par le virus de la corona“. Pour en savoir plus, cliquez ici !

Übersetzung Birgit Wolter unter Verwendung von www.DeepL.com/Translator

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Andere Daten werden automatisch oder nach Ihrer Einwilligung beim Besuch der Website durch unsere IT-Systeme erfasst. Das sind vor allem technische Daten (z. B. Internetbrowser, Betriebssystem oder Uhrzeit des Seitenaufrufs). Die Erfassung dieser Daten erfolgt automatisch, sobald Sie diese Website betreten.

Wofür nutzen wir Ihre Daten?

Ein Teil der Daten wird erhoben, um eine fehlerfreie Bereitstellung der Website zu gewährleisten. Andere Daten können zur Analyse Ihres Nutzerverhaltens verwendet werden.

Welche Rechte haben Sie bezüglich Ihrer Daten?

Sie haben jederzeit das Recht, unentgeltlich Auskunft über Herkunft, Empfänger und Zweck Ihrer gespeicherten personenbezogenen Daten zu erhalten. Sie haben außerdem ein Recht, die Berichtigung oder Löschung dieser Daten zu verlangen. Wenn Sie eine Einwilligung zur Datenverarbeitung erteilt haben, können Sie diese Einwilligung jederzeit für die Zukunft widerrufen. Außerdem haben Sie das Recht, unter bestimmten Umständen die Einschränkung der Verarbeitung Ihrer personenbezogenen Daten zu verlangen. Des Weiteren steht Ihnen ein Beschwerderecht bei der zuständigen Aufsichtsbehörde zu.

Hierzu sowie zu weiteren Fragen zum Thema Datenschutz können Sie sich jederzeit an uns wenden.

2. Hosting

Wir hosten die Inhalte unserer Website bei folgendem Anbieter:

All-Inkl

Anbieter ist die ALL-INKL.COM – Neue Medien Münnich, Inh. René Münnich, Hauptstraße 68, 02742 Friedersdorf (nachfolgend All-Inkl). Details entnehmen Sie der Datenschutzerklärung von All-Inkl: https://all-inkl.com/datenschutzinformationen/.

Die Verwendung von All-Inkl erfolgt auf Grundlage von Art. 6 Abs. 1 lit. f DSGVO. Wir haben ein berechtigtes Interesse an einer möglichst zuverlässigen Darstellung unserer Website. Sofern eine entsprechende Einwilligung abgefragt wurde, erfolgt die Verarbeitung ausschließlich auf Grundlage von Art. 6 Abs. 1 lit. a DSGVO und § 25 Abs. 1 TDDDG, soweit die Einwilligung die Speicherung von Cookies oder den Zugriff auf Informationen im Endgerät des Nutzers (z. B. Device-Fingerprinting) im Sinne des TDDDG umfasst. Die Einwilligung ist jederzeit widerrufbar.

Auftragsverarbeitung

Wir haben einen Vertrag über Auftragsverarbeitung (AVV) zur Nutzung des oben genannten Dienstes geschlossen. Hierbei handelt es sich um einen datenschutzrechtlich vorgeschriebenen Vertrag, der gewährleistet, dass dieser die personenbezogenen Daten unserer Websitebesucher nur nach unseren Weisungen und unter Einhaltung der DSGVO verarbeitet.

3. Allgemeine Hinweise und Pflicht­informationen

Datenschutz

Die Betreiber dieser Seiten nehmen den Schutz Ihrer persönlichen Daten sehr ernst. Wir behandeln Ihre personenbezogenen Daten vertraulich und entsprechend den gesetzlichen Datenschutzvorschriften sowie dieser Datenschutzerklärung.

Wenn Sie diese Website benutzen, werden verschiedene personenbezogene Daten erhoben. Personenbezogene Daten sind Daten, mit denen Sie persönlich identifiziert werden können. Die vorliegende Datenschutzerklärung erläutert, welche Daten wir erheben und wofür wir sie nutzen. Sie erläutert auch, wie und zu welchem Zweck das geschieht.

Wir weisen darauf hin, dass die Datenübertragung im Internet (z. B. bei der Kommunikation per E-Mail) Sicherheitslücken aufweisen kann. Ein lückenloser Schutz der Daten vor dem Zugriff durch Dritte ist nicht möglich.

Hinweis zur verantwortlichen Stelle

Die verantwortliche Stelle für die Datenverarbeitung auf dieser Website ist:

Evangelische Akademie Loccum
Münchehäger Straße 6
31547 Rehburg-Loccum

Telefon: +49 (0) 5766 81-0
E-Mail: eal@evlka.de

Verantwortliche Stelle ist die natürliche oder juristische Person, die allein oder gemeinsam mit anderen über die Zwecke und Mittel der Verarbeitung von personenbezogenen Daten (z. B. Namen, E-Mail-Adressen o. Ä.) entscheidet.

Speicherdauer

Soweit innerhalb dieser Datenschutzerklärung keine speziellere Speicherdauer genannt wurde, verbleiben Ihre personenbezogenen Daten bei uns, bis der Zweck für die Datenverarbeitung entfällt. Wenn Sie ein berechtigtes Löschersuchen geltend machen oder eine Einwilligung zur Datenverarbeitung widerrufen, werden Ihre Daten gelöscht, sofern wir keine anderen rechtlich zulässigen Gründe für die Speicherung Ihrer personenbezogenen Daten haben (z. B. steuer- oder handelsrechtliche Aufbewahrungsfristen); im letztgenannten Fall erfolgt die Löschung nach Fortfall dieser Gründe.

Allgemeine Hinweise zu den Rechtsgrundlagen der Datenverarbeitung auf dieser Website

Sofern Sie in die Datenverarbeitung eingewilligt haben, verarbeiten wir Ihre personenbezogenen Daten auf Grundlage von Art. 6 Abs. 1 lit. a DSGVO bzw. Art. 9 Abs. 2 lit. a DSGVO, sofern besondere Datenkategorien nach Art. 9 Abs. 1 DSGVO verarbeitet werden. Im Falle einer ausdrücklichen Einwilligung in die Übertragung personenbezogener Daten in Drittstaaten erfolgt die Datenverarbeitung außerdem auf Grundlage von Art. 49 Abs. 1 lit. a DSGVO. Sofern Sie in die Speicherung von Cookies oder in den Zugriff auf Informationen in Ihr Endgerät (z. B. via Device-Fingerprinting) eingewilligt haben, erfolgt die Datenverarbeitung zusätzlich auf Grundlage von § 25 Abs. 1 TDDDG. Die Einwilligung ist jederzeit widerrufbar. Sind Ihre Daten zur Vertragserfüllung oder zur Durchführung vorvertraglicher Maßnahmen erforderlich, verarbeiten wir Ihre Daten auf Grundlage des Art. 6 Abs. 1 lit. b DSGVO. Des Weiteren verarbeiten wir Ihre Daten, sofern diese zur Erfüllung einer rechtlichen Verpflichtung erforderlich sind auf Grundlage von Art. 6 Abs. 1 lit. c DSGVO. Die Datenverarbeitung kann ferner auf Grundlage unseres berechtigten Interesses nach Art. 6 Abs. 1 lit. f DSGVO erfolgen. Über die jeweils im Einzelfall einschlägigen Rechtsgrundlagen wird in den folgenden Absätzen dieser Datenschutzerklärung informiert.

Datenschutz­beauftragter

Wir haben einen Datenschutzbeauftragten benannt.

Herr Cai Franke
Örtlich Beauftragter für den Datenschutz gemäß § 36 DSG-EKD
Evangelisch-lutherische Landeskirche Hannovers
Rote Reihe 6
30169 Hannover

Telefon: 0511 1241-0
E-Mail: cai.franke@evlka.de

Empfänger von personenbezogenen Daten

Im Rahmen unserer Geschäftstätigkeit arbeiten wir mit verschiedenen externen Stellen zusammen. Dabei ist teilweise auch eine Übermittlung von personenbezogenen Daten an diese externen Stellen erforderlich. Wir geben personenbezogene Daten nur dann an externe Stellen weiter, wenn dies im Rahmen einer Vertragserfüllung erforderlich ist, wenn wir gesetzlich hierzu verpflichtet sind (z. B. Weitergabe von Daten an Steuerbehörden), wenn wir ein berechtigtes Interesse nach Art. 6 Abs. 1 lit. f DSGVO an der Weitergabe haben oder wenn eine sonstige Rechtsgrundlage die Datenweitergabe erlaubt. Beim Einsatz von Auftragsverarbeitern geben wir personenbezogene Daten unserer Kunden nur auf Grundlage eines gültigen Vertrags über Auftragsverarbeitung weiter. Im Falle einer gemeinsamen Verarbeitung wird ein Vertrag über gemeinsame Verarbeitung geschlossen.

Widerruf Ihrer Einwilligung zur Datenverarbeitung

Viele Datenverarbeitungsvorgänge sind nur mit Ihrer ausdrücklichen Einwilligung möglich. Sie können eine bereits erteilte Einwilligung jederzeit widerrufen. Die Rechtmäßigkeit der bis zum Widerruf erfolgten Datenverarbeitung bleibt vom Widerruf unberührt.

Widerspruchsrecht gegen die Datenerhebung in besonderen Fällen sowie gegen Direktwerbung (Art. 21 DSGVO)

WENN DIE DATENVERARBEITUNG AUF GRUNDLAGE VON ART. 6 ABS. 1 LIT. E ODER F DSGVO ERFOLGT, HABEN SIE JEDERZEIT DAS RECHT, AUS GRÜNDEN, DIE SICH AUS IHRER BESONDEREN SITUATION ERGEBEN, GEGEN DIE VERARBEITUNG IHRER PERSONENBEZOGENEN DATEN WIDERSPRUCH EINZULEGEN; DIES GILT AUCH FÜR EIN AUF DIESE BESTIMMUNGEN GESTÜTZTES PROFILING. DIE JEWEILIGE RECHTSGRUNDLAGE, AUF DENEN EINE VERARBEITUNG BERUHT, ENTNEHMEN SIE DIESER DATENSCHUTZERKLÄRUNG. WENN SIE WIDERSPRUCH EINLEGEN, WERDEN WIR IHRE BETROFFENEN PERSONENBEZOGENEN DATEN NICHT MEHR VERARBEITEN, ES SEI DENN, WIR KÖNNEN ZWINGENDE SCHUTZWÜRDIGE GRÜNDE FÜR DIE VERARBEITUNG NACHWEISEN, DIE IHRE INTERESSEN, RECHTE UND FREIHEITEN ÜBERWIEGEN ODER DIE VERARBEITUNG DIENT DER GELTENDMACHUNG, AUSÜBUNG ODER VERTEIDIGUNG VON RECHTSANSPRÜCHEN (WIDERSPRUCH NACH ART. 21 ABS. 1 DSGVO).

WERDEN IHRE PERSONENBEZOGENEN DATEN VERARBEITET, UM DIREKTWERBUNG ZU BETREIBEN, SO HABEN SIE DAS RECHT, JEDERZEIT WIDERSPRUCH GEGEN DIE VERARBEITUNG SIE BETREFFENDER PERSONENBEZOGENER DATEN ZUM ZWECKE DERARTIGER WERBUNG EINZULEGEN; DIES GILT AUCH FÜR DAS PROFILING, SOWEIT ES MIT SOLCHER DIREKTWERBUNG IN VERBINDUNG STEHT. WENN SIE WIDERSPRECHEN, WERDEN IHRE PERSONENBEZOGENEN DATEN ANSCHLIESSEND NICHT MEHR ZUM ZWECKE DER DIREKTWERBUNG VERWENDET (WIDERSPRUCH NACH ART. 21 ABS. 2 DSGVO).

Beschwerde­recht bei der zuständigen Aufsichts­behörde

Im Falle von Verstößen gegen die DSGVO steht den Betroffenen ein Beschwerderecht bei einer Aufsichtsbehörde, insbesondere in dem Mitgliedstaat ihres gewöhnlichen Aufenthalts, ihres Arbeitsplatzes oder des Orts des mutmaßlichen Verstoßes zu. Das Beschwerderecht besteht unbeschadet anderweitiger verwaltungsrechtlicher oder gerichtlicher Rechtsbehelfe.

Recht auf Daten­übertrag­barkeit

Sie haben das Recht, Daten, die wir auf Grundlage Ihrer Einwilligung oder in Erfüllung eines Vertrags automatisiert verarbeiten, an sich oder an einen Dritten in einem gängigen, maschinenlesbaren Format aushändigen zu lassen. Sofern Sie die direkte Übertragung der Daten an einen anderen Verantwortlichen verlangen, erfolgt dies nur, soweit es technisch machbar ist.

Auskunft, Berichtigung und Löschung

Sie haben im Rahmen der geltenden gesetzlichen Bestimmungen jederzeit das Recht auf unentgeltliche Auskunft über Ihre gespeicherten personenbezogenen Daten, deren Herkunft und Empfänger und den Zweck der Datenverarbeitung und ggf. ein Recht auf Berichtigung oder Löschung dieser Daten. Hierzu sowie zu weiteren Fragen zum Thema personenbezogene Daten können Sie sich jederzeit an uns wenden.

Recht auf Einschränkung der Verarbeitung

Sie haben das Recht, die Einschränkung der Verarbeitung Ihrer personenbezogenen Daten zu verlangen. Hierzu können Sie sich jederzeit an uns wenden. Das Recht auf Einschränkung der Verarbeitung besteht in folgenden Fällen:

  • Wenn Sie die Richtigkeit Ihrer bei uns gespeicherten personenbezogenen Daten bestreiten, benötigen wir in der Regel Zeit, um dies zu überprüfen. Für die Dauer der Prüfung haben Sie das Recht, die Einschränkung der Verarbeitung Ihrer personenbezogenen Daten zu verlangen.
  • Wenn die Verarbeitung Ihrer personenbezogenen Daten unrechtmäßig geschah/geschieht, können Sie statt der Löschung die Einschränkung der Datenverarbeitung verlangen.
  • Wenn wir Ihre personenbezogenen Daten nicht mehr benötigen, Sie sie jedoch zur Ausübung, Verteidigung oder Geltendmachung von Rechtsansprüchen benötigen, haben Sie das Recht, statt der Löschung die Einschränkung der Verarbeitung Ihrer personenbezogenen Daten zu verlangen.
  • Wenn Sie einen Widerspruch nach Art. 21 Abs. 1 DSGVO eingelegt haben, muss eine Abwägung zwischen Ihren und unseren Interessen vorgenommen werden. Solange noch nicht feststeht, wessen Interessen überwiegen, haben Sie das Recht, die Einschränkung der Verarbeitung Ihrer personenbezogenen Daten zu verlangen.

Wenn Sie die Verarbeitung Ihrer personenbezogenen Daten eingeschränkt haben, dürfen diese Daten – von ihrer Speicherung abgesehen – nur mit Ihrer Einwilligung oder zur Geltendmachung, Ausübung oder Verteidigung von Rechtsansprüchen oder zum Schutz der Rechte einer anderen natürlichen oder juristischen Person oder aus Gründen eines wichtigen öffentlichen Interesses der Europäischen Union oder eines Mitgliedstaats verarbeitet werden.

SSL- bzw. TLS-Verschlüsselung

Diese Seite nutzt aus Sicherheitsgründen und zum Schutz der Übertragung vertraulicher Inhalte, wie zum Beispiel Bestellungen oder Anfragen, die Sie an uns als Seitenbetreiber senden, eine SSL- bzw. TLS-Verschlüsselung. Eine verschlüsselte Verbindung erkennen Sie daran, dass die Adresszeile des Browsers von „http://“ auf „https://“ wechselt und an dem Schloss-Symbol in Ihrer Browserzeile.

Wenn die SSL- bzw. TLS-Verschlüsselung aktiviert ist, können die Daten, die Sie an uns übermitteln, nicht von Dritten mitgelesen werden.

Widerspruch gegen Werbe-E-Mails

Der Nutzung von im Rahmen der Impressumspflicht veröffentlichten Kontaktdaten zur Übersendung von nicht ausdrücklich angeforderter Werbung und Informationsmaterialien wird hiermit widersprochen. Die Betreiber der Seiten behalten sich ausdrücklich rechtliche Schritte im Falle der unverlangten Zusendung von Werbeinformationen, etwa durch Spam-E-Mails, vor.

4. Datenerfassung auf dieser Website

Cookies

Unsere Internetseiten verwenden so genannte „Cookies“. Cookies sind kleine Datenpakete und richten auf Ihrem Endgerät keinen Schaden an. Sie werden entweder vorübergehend für die Dauer einer Sitzung (Session-Cookies) oder dauerhaft (permanente Cookies) auf Ihrem Endgerät gespeichert. Session-Cookies werden nach Ende Ihres Besuchs automatisch gelöscht. Permanente Cookies bleiben auf Ihrem Endgerät gespeichert, bis Sie diese selbst löschen oder eine automatische Löschung durch Ihren Webbrowser erfolgt.

Cookies können von uns (First-Party-Cookies) oder von Drittunternehmen stammen (sog. Third-Party-Cookies). Third-Party-Cookies ermöglichen die Einbindung bestimmter Dienstleistungen von Drittunternehmen innerhalb von Webseiten (z. B. Cookies zur Abwicklung von Zahlungsdienstleistungen).

Cookies haben verschiedene Funktionen. Zahlreiche Cookies sind technisch notwendig, da bestimmte Webseitenfunktionen ohne diese nicht funktionieren würden (z. B. die Warenkorbfunktion oder die Anzeige von Videos). Andere Cookies können zur Auswertung des Nutzerverhaltens oder zu Werbezwecken verwendet werden.

Cookies, die zur Durchführung des elektronischen Kommunikationsvorgangs, zur Bereitstellung bestimmter, von Ihnen erwünschter Funktionen (z. B. für die Warenkorbfunktion) oder zur Optimierung der Website (z. B. Cookies zur Messung des Webpublikums) erforderlich sind (notwendige Cookies), werden auf Grundlage von Art. 6 Abs. 1 lit. f DSGVO gespeichert, sofern keine andere Rechtsgrundlage angegeben wird. Der Websitebetreiber hat ein berechtigtes Interesse an der Speicherung von notwendigen Cookies zur technisch fehlerfreien und optimierten Bereitstellung seiner Dienste. Sofern eine Einwilligung zur Speicherung von Cookies und vergleichbaren Wiedererkennungstechnologien abgefragt wurde, erfolgt die Verarbeitung ausschließlich auf Grundlage dieser Einwilligung (Art. 6 Abs. 1 lit. a DSGVO und § 25 Abs. 1 TDDDG); die Einwilligung ist jederzeit widerrufbar.

Sie können Ihren Browser so einstellen, dass Sie über das Setzen von Cookies informiert werden und Cookies nur im Einzelfall erlauben, die Annahme von Cookies für bestimmte Fälle oder generell ausschließen sowie das automatische Löschen der Cookies beim Schließen des Browsers aktivieren. Bei der Deaktivierung von Cookies kann die Funktionalität dieser Website eingeschränkt sein.

Welche Cookies und Dienste auf dieser Website eingesetzt werden, können Sie dieser Datenschutzerklärung entnehmen.

Einwilligung mit Usercentrics

Diese Website nutzt die Consent-Technologie von Usercentrics, um Ihre Einwilligung zur Speicherung bestimmter Cookies auf Ihrem Endgerät oder zum Einsatz bestimmter Technologien einzuholen und diese datenschutzkonform zu dokumentieren. Anbieter dieser Technologie ist die Usercentrics GmbH, Sendlinger Straße 7, 80331 München, Website: https://usercentrics.com/de/ (im Folgenden „Usercentrics“).

Wenn Sie unsere Website betreten, werden folgende personenbezogene Daten an Usercentrics übertragen:

  • Ihre Einwilligung(en) bzw. der Widerruf Ihrer Einwilligung(en)
  • Ihre IP-Adresse
  • Informationen über Ihren Browser
  • Informationen über Ihr Endgerät
  • Zeitpunkt Ihres Besuchs auf der Website
  • Geolocation

Des Weiteren speichert Usercentrics ein Cookie in Ihrem Browser, um Ihnen die erteilten Einwilligungen bzw. deren Widerruf zuordnen zu können. Die so erfassten Daten werden gespeichert, bis Sie uns zur Löschung auffordern, das Usercentrics-Cookie selbst löschen oder der Zweck für die Datenspeicherung entfällt. Zwingende gesetzliche Aufbewahrungspflichten bleiben unberührt.

Das Usercentrics-Banner auf dieser Website wurde mit Hilfe von eRecht24 konfiguriert. Das erkennen Sie daran, dass im Banner das Logo von eRecht24 auftaucht. Um das eRecht24-Logo im Banner auszuspielen, wird eine Verbindung zum Bildserver von eRecht24 hergestellt. Hierbei wird auch die IP-Adresse übertragen, die jedoch nur in anonymisierter Form in den Server-Logs gespeichert wird. Der Bildserver von eRecht24 befindet sich in Deutschland bei einem deutschen Anbieter. Das Banner selbst wird ausschließlich von Usercentrics zur Verfügung gestellt.

Der Einsatz von Usercentrics erfolgt, um die gesetzlich vorgeschriebenen Einwilligungen für den Einsatz bestimmter Technologien einzuholen. Rechtsgrundlage hierfür ist Art. 6 Abs. 1 lit. c DSGVO.

Auftragsverarbeitung

Wir haben einen Vertrag über Auftragsverarbeitung (AVV) zur Nutzung des oben genannten Dienstes geschlossen. Hierbei handelt es sich um einen datenschutzrechtlich vorgeschriebenen Vertrag, der gewährleistet, dass dieser die personenbezogenen Daten unserer Websitebesucher nur nach unseren Weisungen und unter Einhaltung der DSGVO verarbeitet.

Kontaktformular

Wenn Sie uns per Kontaktformular Anfragen zukommen lassen, werden Ihre Angaben aus dem Anfrageformular inklusive der von Ihnen dort angegebenen Kontaktdaten zwecks Bearbeitung der Anfrage und für den Fall von Anschlussfragen bei uns gespeichert. Diese Daten geben wir nicht ohne Ihre Einwilligung weiter.

Die Verarbeitung dieser Daten erfolgt auf Grundlage von Art. 6 Abs. 1 lit. b DSGVO, sofern Ihre Anfrage mit der Erfüllung eines Vertrags zusammenhängt oder zur Durchführung vorvertraglicher Maßnahmen erforderlich ist. In allen übrigen Fällen beruht die Verarbeitung auf unserem berechtigten Interesse an der effektiven Bearbeitung der an uns gerichteten Anfragen (Art. 6 Abs. 1 lit. f DSGVO) oder auf Ihrer Einwilligung (Art. 6 Abs. 1 lit. a DSGVO) sofern diese abgefragt wurde; die Einwilligung ist jederzeit widerrufbar.

Die von Ihnen im Kontaktformular eingegebenen Daten verbleiben bei uns, bis Sie uns zur Löschung auffordern, Ihre Einwilligung zur Speicherung widerrufen oder der Zweck für die Datenspeicherung entfällt (z. B. nach abgeschlossener Bearbeitung Ihrer Anfrage). Zwingende gesetzliche Bestimmungen – insbesondere Aufbewahrungsfristen – bleiben unberührt.

Anfrage per E-Mail, Telefon oder Telefax

Wenn Sie uns per E-Mail, Telefon oder Telefax kontaktieren, wird Ihre Anfrage inklusive aller daraus hervorgehenden personenbezogenen Daten (Name, Anfrage) zum Zwecke der Bearbeitung Ihres Anliegens bei uns gespeichert und verarbeitet. Diese Daten geben wir nicht ohne Ihre Einwilligung weiter.

Die Verarbeitung dieser Daten erfolgt auf Grundlage von Art. 6 Abs. 1 lit. b DSGVO, sofern Ihre Anfrage mit der Erfüllung eines Vertrags zusammenhängt oder zur Durchführung vorvertraglicher Maßnahmen erforderlich ist. In allen übrigen Fällen beruht die Verarbeitung auf unserem berechtigten Interesse an der effektiven Bearbeitung der an uns gerichteten Anfragen (Art. 6 Abs. 1 lit. f DSGVO) oder auf Ihrer Einwilligung (Art. 6 Abs. 1 lit. a DSGVO) sofern diese abgefragt wurde; die Einwilligung ist jederzeit widerrufbar.

Die von Ihnen an uns per Kontaktanfragen übersandten Daten verbleiben bei uns, bis Sie uns zur Löschung auffordern, Ihre Einwilligung zur Speicherung widerrufen oder der Zweck für die Datenspeicherung entfällt (z. B. nach abgeschlossener Bearbeitung Ihres Anliegens). Zwingende gesetzliche Bestimmungen – insbesondere gesetzliche Aufbewahrungsfristen – bleiben unberührt.

5. Newsletter

Newsletter­daten

Wenn Sie den auf der Website angebotenen Newsletter beziehen möchten, benötigen wir von Ihnen eine E-Mail-Adresse sowie Informationen, welche uns die Überprüfung gestatten, dass Sie der Inhaber der angegebenen E-Mail-Adresse und mit dem Empfang des Newsletters einverstanden sind. Weitere Daten werden nicht bzw. nur auf freiwilliger Basis erhoben. Für die Abwicklung der Newsletter nutzen wir Newsletterdiensteanbieter, die nachfolgend beschrieben werden.

CleverReach

Diese Website nutzt CleverReach für den Versand von Newslettern. Anbieter ist die CleverReach GmbH & Co. KG, Schafjückenweg 2, 26180 Rastede, Deutschland (nachfolgend „CleverReach“). CleverReach ist ein Dienst, mit dem der Newsletterversand organisiert und analysiert werden kann. Die von Ihnen zwecks Newsletterbezug eingegebenen Daten (z. B. E-Mail-Adresse) werden auf den Servern von CleverReach in Deutschland bzw. Irland gespeichert.

Unsere mit CleverReach versandten Newsletter ermöglichen uns die Analyse des Verhaltens der Newsletterempfänger. Hierbei kann u. a. analysiert werden, wie viele Empfänger die Newsletternachricht geöffnet haben und wie oft welcher Link im Newsletter angeklickt wurde. Mit Hilfe des sogenannten Conversion-Trackings kann außerdem analysiert werden, ob nach Anklicken des Links im Newsletter eine vorab definierte Aktion (z. B. Kauf eines Produkts auf dieser Website) erfolgt ist. Weitere Informationen zur Datenanalyse durch CleverReach-Newsletter erhalten Sie unter: https://www.cleverreach.com/de/funktionen/reporting-und-tracking/.

Die Datenverarbeitung erfolgt auf Grundlage Ihrer Einwilligung (Art. 6 Abs. 1 lit. a DSGVO). Sie können diese Einwilligung jederzeit widerrufen, indem Sie den Newsletter abbestellen. Die Rechtmäßigkeit der bereits erfolgten Datenverarbeitungsvorgänge bleibt vom Widerruf unberührt.

Wenn Sie keine Analyse durch CleverReach wollen, müssen Sie den Newsletter abbestellen. Hierfür stellen wir in jeder Newsletternachricht einen entsprechenden Link zur Verfügung.

Die von Ihnen zum Zwecke des Newsletter-Bezugs bei uns hinterlegten Daten werden von uns bis zu Ihrer Austragung aus dem Newsletter bei uns bzw. dem Newsletterdiensteanbieter gespeichert und nach der Abbestellung des Newsletters aus der Newsletterverteilerliste gelöscht. Daten, die zu anderen Zwecken bei uns gespeichert wurden, bleiben hiervon unberührt.

Nach Ihrer Austragung aus der Newsletterverteilerliste wird Ihre E-Mail-Adresse bei uns bzw. dem Newsletterdiensteanbieter ggf. in einer Blacklist gespeichert, sofern dies zur Verhinderung künftiger Mailings erforderlich ist. Die Daten aus der Blacklist werden nur für diesen Zweck verwendet und nicht mit anderen Daten zusammengeführt. Dies dient sowohl Ihrem Interesse als auch unserem Interesse an der Einhaltung der gesetzlichen Vorgaben beim Versand von Newslettern (berechtigtes Interesse im Sinne des Art. 6 Abs. 1 lit. f DSGVO). Die Speicherung in der Blacklist ist zeitlich nicht befristet. Sie können der Speicherung widersprechen, sofern Ihre Interessen unser berechtigtes Interesse überwiegen.

Näheres entnehmen Sie den Datenschutzbestimmungen von CleverReach unter: https://www.cleverreach.com/de/datenschutz/.

Auftragsverarbeitung

Wir haben einen Vertrag über Auftragsverarbeitung (AVV) zur Nutzung des oben genannten Dienstes geschlossen. Hierbei handelt es sich um einen datenschutzrechtlich vorgeschriebenen Vertrag, der gewährleistet, dass dieser die personenbezogenen Daten unserer Websitebesucher nur nach unseren Weisungen und unter Einhaltung der DSGVO verarbeitet.

6. Plugins und Tools

YouTube mit erweitertem Datenschutz

Diese Website bindet Videos der Website YouTube ein. Betreiber der Website ist die Google Ireland Limited („Google”), Gordon House, Barrow Street, Dublin 4, Irland.

Wenn Sie eine dieser Website besuchen, auf denen YouTube eingebunden ist, wird eine Verbindung zu den Servern von YouTube hergestellt. Dabei wird dem YouTube-Server mitgeteilt, welche unserer Seiten Sie besucht haben. Wenn Sie in Ihrem YouTube-Account eingeloggt sind, ermöglichen Sie YouTube, Ihr Surfverhalten direkt Ihrem persönlichen Profil zuzuordnen. Dies können Sie verhindern, indem Sie sich aus Ihrem YouTube-Account ausloggen.

Wir nutzen YouTube im erweiterten Datenschutzmodus. Videos, die im erweiterten Datenschutzmodus abgespielt werden, werden nach Aussage von YouTube nicht zur Personalisierung des Surfens auf YouTube eingesetzt. Anzeigen, die im erweiterten Datenschutzmodus ausgespielt werden, sind ebenfalls nicht personalisiert. Im erweiterten Datenschutzmodus werden keine Cookies gesetzt. Stattdessen werden jedoch sogenannte Local Storage Elemente im Browser des Users gespeichert, die ähnlich wie Cookies personenbezogene Daten beinhalten und zur Wiedererkennung eingesetzt werden können. Details zum erweiterten Datenschutzmodus finden Sie hier: https://support.google.com/youtube/answer/171780.

Gegebenenfalls können nach der Aktivierung eines YouTube-Videos weitere Datenverarbeitungsvorgänge ausgelöst werden, auf die wir keinen Einfluss haben.

Die Nutzung von YouTube erfolgt im Interesse einer ansprechenden Darstellung unserer Online-Angebote. Dies stellt ein berechtigtes Interesse im Sinne von Art. 6 Abs. 1 lit. f DSGVO dar. Sofern eine entsprechende Einwilligung abgefragt wurde, erfolgt die Verarbeitung ausschließlich auf Grundlage von Art. 6 Abs. 1 lit. a DSGVO und § 25 Abs. 1 TDDDG, soweit die Einwilligung die Speicherung von Cookies oder den Zugriff auf Informationen im Endgerät des Nutzers (z. B. Device-Fingerprinting) im Sinne des TDDDG umfasst. Die Einwilligung ist jederzeit widerrufbar.

Weitere Informationen über Datenschutz bei YouTube finden Sie in deren Datenschutzerklärung unter: https://policies.google.com/privacy?hl=de.

Das Unternehmen verfügt über eine Zertifizierung nach dem „EU-US Data Privacy Framework“ (DPF). Der DPF ist ein Übereinkommen zwischen der Europäischen Union und den USA, der die Einhaltung europäischer Datenschutzstandards bei Datenverarbeitungen in den USA gewährleisten soll. Jedes nach dem DPF zertifizierte Unternehmen verpflichtet sich, diese Datenschutzstandards einzuhalten. Weitere Informationen hierzu erhalten Sie vom Anbieter unter folgendem Link: https://www.dataprivacyframework.gov/s/participant-search/participant-detail?contact=true&id=a2zt000000001L5AAI&status=Active

OpenStreetMap

Wir nutzen den Kartendienst von OpenStreetMap (OSM).

Wir binden das Kartenmaterial von OpenStreetMap auf dem Server der OpenStreetMap Foundation, St John’s Innovation Centre, Cowley Road, Cambridge, CB4 0WS, Großbritannien, ein. Großbritannien gilt als datenschutzrechtlich sicherer Drittstaat. Das bedeutet, dass Großbritannien ein Datenschutzniveau aufweist, das dem Datenschutzniveau in der Europäischen Union entspricht. Bei der Nutzung der OpenStreetMap-Karten wird eine Verbindung zu den Servern der OpenStreetMap-Foundation hergestellt. Dabei können u. a. Ihre IP-Adresse und weitere Informationen über Ihr Verhalten auf dieser Website an die OSMF weitergeleitet werden. OpenStreetMap speichert hierzu unter Umständen Cookies in Ihrem Browser oder setzt vergleichbare Wiedererkennungstechnologien ein.

Die Nutzung von OpenStreetMap erfolgt im Interesse einer ansprechenden Darstellung unserer Online-Angebote und einer leichten Auffindbarkeit der von uns auf der Website angegebenen Orte. Dies stellt ein berechtigtes Interesse im Sinne von Art. 6 Abs. 1 lit. f DSGVO dar. Sofern eine entsprechende Einwilligung abgefragt wurde, erfolgt die Verarbeitung ausschließlich auf Grundlage von Art. 6 Abs. 1 lit. a DSGVO und § 25 Abs. 1 TDDDG, soweit die Einwilligung die Speicherung von Cookies oder den Zugriff auf Informationen im Endgerät des Nutzers (z. B. Device-Fingerprinting) im Sinne des TDDDG umfasst. Die Einwilligung ist jederzeit widerrufbar.

Google reCAPTCHA

Wir nutzen „Google reCAPTCHA“ (im Folgenden „reCAPTCHA“) auf dieser Website. Anbieter ist die Google Ireland Limited („Google“), Gordon House, Barrow Street, Dublin 4, Irland.

Mit reCAPTCHA soll überprüft werden, ob die Dateneingabe auf dieser Website (z. B. in einem Kontaktformular) durch einen Menschen oder durch ein automatisiertes Programm erfolgt. Hierzu analysiert reCAPTCHA das Verhalten des Websitebesuchers anhand verschiedener Merkmale. Diese Analyse beginnt automatisch, sobald der Websitebesucher die Website betritt. Zur Analyse wertet reCAPTCHA verschiedene Informationen aus (z. B. IP-Adresse, Verweildauer des Websitebesuchers auf der Website oder vom Nutzer getätigte Mausbewegungen). Die bei der Analyse erfassten Daten werden an Google weitergeleitet.

Die reCAPTCHA-Analysen laufen vollständig im Hintergrund. Websitebesucher werden nicht darauf hingewiesen, dass eine Analyse stattfindet.

Die Speicherung und Analyse der Daten erfolgt auf Grundlage von Art. 6 Abs. 1 lit. f DSGVO. Der Websitebetreiber hat ein berechtigtes Interesse daran, seine Webangebote vor missbräuchlicher automatisierter Ausspähung und vor SPAM zu schützen. Sofern eine entsprechende Einwilligung abgefragt wurde, erfolgt die Verarbeitung ausschließlich auf Grundlage von Art. 6 Abs. 1 lit. a DSGVO und § 25 Abs. 1 TDDDG, soweit die Einwilligung die Speicherung von Cookies oder den Zugriff auf Informationen im Endgerät des Nutzers (z. B. Device-Fingerprinting) im Sinne des TDDDG umfasst. Die Einwilligung ist jederzeit widerrufbar.

Weitere Informationen zu Google reCAPTCHA entnehmen Sie den Google-Datenschutzbestimmungen und den Google Nutzungsbedingungen unter folgenden Links: https://policies.google.com/privacy?hl=de und https://policies.google.com/terms?hl=de.

Das Unternehmen verfügt über eine Zertifizierung nach dem „EU-US Data Privacy Framework“ (DPF). Der DPF ist ein Übereinkommen zwischen der Europäischen Union und den USA, der die Einhaltung europäischer Datenschutzstandards bei Datenverarbeitungen in den USA gewährleisten soll. Jedes nach dem DPF zertifizierte Unternehmen verpflichtet sich, diese Datenschutzstandards einzuhalten. Weitere Informationen hierzu erhalten Sie vom Anbieter unter folgendem Link: https://www.dataprivacyframework.gov/s/participant-search/participant-detail?contact=true&id=a2zt000000001L5AAI&status=Active

7. eCommerce und Zahlungs­anbieter

Verarbeiten von Kunden- und Vertragsdaten

Wir erheben, verarbeiten und nutzen personenbezogene Kunden- und Vertragsdaten zur Begründung, inhaltlichen Ausgestaltung und Änderung unserer Vertragsbeziehungen. Personenbezogene Daten über die Inanspruchnahme dieser Website (Nutzungsdaten) erheben, verarbeiten und nutzen wir nur, soweit dies erforderlich ist, um dem Nutzer die Inanspruchnahme des Dienstes zu ermöglichen oder abzurechnen. Rechtsgrundlage hierfür ist Art. 6 Abs. 1 lit. b DSGVO.

Die erhobenen Kundendaten werden nach Abschluss des Auftrags oder Beendigung der Geschäftsbeziehung und Ablauf der ggf. bestehenden gesetzlichen Aufbewahrungsfristen gelöscht. Gesetzliche Aufbewahrungsfristen bleiben unberührt.

Daten­übermittlung bei Vertragsschluss für Online-Shops, Händler und Warenversand

Wenn Sie Waren bei uns bestellen, geben wir Ihre personenbezogenen Daten an das zur Lieferung betraute Transportunternehmen sowie an den mit der Zahlungsabwicklung beauftragten Zahlungsdienstleister weiter. Es werden nur solche Daten herausgegeben, die der jeweilige Dienstleister zur Erfüllung seiner Aufgabe benötigt. Rechtsgrundlage hierfür ist Art. 6 Abs. 1 lit. b DSGVO, der die Verarbeitung von Daten zur Erfüllung eines Vertrags oder vorvertraglicher Maßnahmen gestattet. Sofern Sie eine entsprechende Einwilligung nach Art. 6 Abs. 1 lit. a DSGVO erteilt haben, werden wir Ihre E-Mail-Adresse an das mit der Lieferung betraute Transportunternehmen übergeben, damit dieses Sie per E-Mail über den Versandstatus Ihrer Bestellung informieren kann; Sie können die Einwilligung jederzeit widerrufen.

Daten­übermittlung bei Vertragsschluss für Dienstleistungen und digitale Inhalte

Wir übermitteln personenbezogene Daten an Dritte nur dann, wenn dies im Rahmen der Vertragsabwicklung notwendig ist, etwa an das mit der Zahlungsabwicklung beauftragte Kreditinstitut.

Eine weitergehende Übermittlung der Daten erfolgt nicht bzw. nur dann, wenn Sie der Übermittlung ausdrücklich zugestimmt haben. Eine Weitergabe Ihrer Daten an Dritte ohne ausdrückliche Einwilligung, etwa zu Zwecken der Werbung, erfolgt nicht.

Grundlage für die Datenverarbeitung ist Art. 6 Abs. 1 lit. b DSGVO, der die Verarbeitung von Daten zur Erfüllung eines Vertrags oder vorvertraglicher Maßnahmen gestattet.